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Natale 2025
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Antimafia, meno protocolli e più fatti

No alla Mafia

La lunga mano della mafia negli appalti pubblici in Toscana è sempre più «attenzionata» dagli organi investigativi. È di questi giorni la notizia dei risultati ottenuti dal Gruppo Interforze Antimafia attivato a Pisa dal prefetto Francesco Tagliente. E non è un caso che sia coinciso con il 22° anniversario della strage di Capaci, dove il giudice Giovanni Falcone fu assassinato con la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta ad opera di «cosa nostra».

Dalle verifiche effettuate sono emersi elementi di interesse investigativo riconducibili a società risultate aggiudicatarie di appalti, riguardanti lavori e forniture. Il prefetto Tagliente ha evidenziato come l’attività di prevenzione svolta dal Gruppo Interforze antimafia ha consentito l’adozione di provvedimenti interdittivi nei confronti di ditte che operavano sul territorio, risultate legate ad ambienti della criminalità di stampo mafioso.

In aumento anche le verifiche e controlli sulle ditte affidatarie di lavori in somma urgenza. Non basta dunque presentarsi ad un appalto con una società «pulita», magari di recente costituzione, ma è altrettanto fondamentale – da parte delle Istituzioni – poter accertare chi sono i soggetti che poi ricevono sub-appalti o i sub-appalti dei sub-appalti, dove si perde il confine tra i soggetti fittizi e quelli che reali, che gestiscono di fatto un’opera pubblica. Magari aggiudicandosene l’appalto con un ribasso impossibile ed antieconomico, tanto da metter fuori gioco la concorrenza onesta, e poi riequilibrare i conti con illeciti fiscali, nella migliore delle ipotesi, a danno comunque della collettività.

La Toscana, nonostante chi ha sempre sostenuto il contrario, non è mai stata un’ «isola felice» sul piano della criminalità, specie quella organizzata. Qui si spara certamente meno che altrove, ma mafia, camorra e n’drangheta non trascurano affatto questa regione «cuscinetto» tra Nord e Sud. Non a caso fu proprio una mano mafiosa a deporre la bomba in via dei Georgofili a Firenze la notte del 27 maggio 1993, non a caso oggi come ieri, anzi più di ieri, infiltrazioni di stampo mafioso penetrano in silenzio nel tessuto economico regionale, in particolare nel settore edile. Che è tra quelli, naturalmente, che più soffre per la crisi e che ha più bisogno di sopravvivere, in un modo o nell’altro.

Il problema purtroppo resta sempre il solito. Non basta l’iniziativa del singolo magistrato o del singolo prefetto. Ci vuole maggior coordinamento tra tutte le forze in campo, non quello dei «protocolli d’intesa» ma quello reale e quotidiano tra chi vuole davvero affrontare i problemi per risolverli e non trasferirli al proprio successore. Altrimenti sarà solo una guerra persa in partenza. Da Pisa un buon esempio che dovrebbe essere ripreso da molti, senza troppe gelosie.


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Sandro Addario

Giornalista

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