Boschi contro Rossi? Primarie sicure: il Pd è ferito, Renzi vuol cambiare
L’idea era venuta fuori prima della disfatta di Livorno. La maggioranza del Pd, di stretta osservanza renziana, aveva lasciato capire che, senza l’impronta, e la faccia, di Matteo il partitone non vince. Per questo si era sparsa la voce di una candidatura forte contro il governatore uscente, Enrico Rossi, alle primarie d’autunno per la presidenza della giunta. Il nome di Maria Elena Boschi non era stato fatto a caso. E resta valido nonostante l’imbarazzatissima smentita di Dario Parrini, segretario toscano, in costante filo diretto con Palazzo Chigi. Due i motivi. Primo perché è fra i pochi candidati giudicati in grado di battere Rossi in campo aperto, cioè nel confronto faccia a faccia, federazione per federazione, sezione per sezione. Il secondo motivo è legato alla delega della Boschi: le riforme. Certi rumors romani lasciano intendere che un suo ruolo diverso potrebbe essere gradito alle altre forze parlamentari per sveltire la lenta marcia verso quel cambiamento delle regole fin qui più annunciato a parole che portato avanti con i fatti.
In ogni caso, un fatto è sicuro: l’ordine di Matteo Renzi al partito, anche in Toscana, è cambiare. E’ vero che nel gennaio scorso, quand’era ancora sindaco di Firenze, il premier aveva fatto a Rossi una promessa: quella di garantirgli la ricandidatura alle regionali del 2015, magari senza passare dalle primarie. Ma è altrettanto vero che erano i tempi delle rassicurazioni a tutti, in particolare a Enrico Letta: in realtà Renzi aveva fretta di scalare partito e governo. Oggi lo scenario è cambiato. Il Pd ha un faro: il segretario nazionale, che è anche il capo dell’esecutivo. Senza lui in campo rischia non solo di perdere ma anche di sfasciare tutto, com’è successo a Livorno con Marco Ruggeri, giovane politico di buon livello, ex operaio che si era fatto apprezzare anche come capogruppo piddino in Consiglio regionale, ma incapace di cancellare il suo peccato originale: la provenienza dalla tradizione rossa ed ex comunista del partito, sulla scia dei D’Alema e dei Bersani. Per questo l’hanno lasciato solo, alle prese con spinte d’ogni genere all’interno del Pd livornese. E nessuno, cosa impensabile una volta, ha cercato di aiutarlo a trovare il collante con la sinistra che, invece di aiutarlo, è andata dietro al carro del candidato grillino, Filippo Nogarin, spingendolo fino all’incredibile vittoria.
Enrico Rossi, anagraficamente più grande e con molta più esperienza di Ruggeri, si trova più o meno nella stessa situazione. Non solo non è mai stato renziano, ma fino a pochi mesi fa si era sempre voluto distinguere come avversario numero uno di Matteo. Oggi sappiamo che il premier ha la memoria lunga. E soprattutto vuole nei posti chiave non cinquantenni, ma quarantenni. Fidatissimi. Allora, nonostante l’imbarazzo e le frasi intorcinate di Dario Parrini, l’ipotesi di primarie con un renziano contro Rossi è certa. E potrebbe essere proprio la Boschi. Perché se non riuscirà a dare il via alle riforme prima delle vacanze, dovrà prepararsi, da settembre in poi, a trovarsi un nuovo lavoro in Toscana: affrontando le primarie per la presidenza della Regione.