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L'intervento di Dario Parrini davanti all'assemblea del Pd che lo ha proclamato segretario regionale

Toscana, bozza di legge elettorale del Pd. Ma nel partitone è mal di pancia

L' aula del Consiglio regionale della Toscana
L’ aula del Consiglio regionale della Toscana

Firenze – Dario Parrini, segretario regionale del Pd, continua a glissare sull’eventualità che Maria Elena Boschi, ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, si possa candidare alle primarie per la presidenza della Regione Toscana contro il governatore uscente, Enrico Rossi.

Ma anche se il segretario regionale, unico in Toscana, fa finta di nulla, nel partito tutti parlano di questa eventualità, rivelata domenica 8 giugno da FirenzePost. Parrini glissa sul futuro del ministro (e su quello di Rossi) ma si presenta ai giornalisti con un qualcosa di ugualmente scottante, per lui e il Pd: la nuova proposta di legge elettorale regionale della Toscana. Una legge che non trova unità nemmeno nel partitone. I lettiani, in Aula, presentarono una mozione contraria alla visione di Renzi e il documento ottenne il favore dei consiglieri.

Maria Elena Boschi il giorno del giuramento al Quirinale
Maria Elena Boschi il giorno del giuramento al Quirinale

Che cosa ha proposto, ora, Parrini? Un sistema elettorale toscano, molto ispirato all’Italicum di marchio renziano. Con soglie di sbarramento differenziate (10% per le coalizioni, 5% per le liste non coalizzate, 3% per le liste coalizzate), possibilità di candidature multiple fino ad un massimo di 3, un premio di maggioranza del 60% dei seggi in caso in cui un’alleanza arrivi sopra al 45% dei consensi e del 57,5% dei seggi per un risultato compreso fra il 40 e il 45% dei suffragi. Con una novità sul modello della legge elettorale del duo Renzi-Boschi: il ballottaggio eventuale nel caso in cui nessuna coalizione ottenesse il 40% dei voti al primo turno. Anche in questo caso la vittoria al secondo turno, indipendentemente dal margine, porterebbe a favore del vincitore il 57,5% dei seggi anzichè il 60%. In termini assoluti significherà, in virtù anche della riduzione del numero degli scranni, prevista dalla legislazione nazionale, da 55 a 40 ad attribuire 24 seggi alla maggioranza e 16 all’opposizione (ipotesi del premio al 60%) o di 23 seggi alla maggioranza e 17 all’opposizione (nello scenario del premio al 57,5%). Al contempo verrebbero reintrodotte le preferenze con una formula agevolata. L’elettore non dovrà scrivere il cognome del candidato o della candidata, ma dovrà barrare il nome o i due nomi (con alternanza di genere) pre-stampati sulla scheda. Il territorio verrà diviso in circoscrizioni molto piccole, della dimensione massima di 400 mila abitanti. Obiettivo di quest’ultimo accorgimento? Spaccare la provincia di Firenze, evitare che i candidati fiorentini di tutti gli schieramenti siano maggioranza in Consiglio regionale. In estrema sintesi, si tratta di un sistema farraginoso, dove serve l’alambicco più che il contavoti. Come andrà a finire? Se il Pd porterà la proposta direttamente in Aula è prevedibile quello che, a Firenze, si chiama gorillaio: cioè una lotta di tutti contro tutti, con possibilità che non si arrivi a nulla. Diverso, il discorso, se Parrini e il Pd scegliessero la concertazione, passando dalla commissione affari istituzionali. Dove potrebbero essere portati emendamenti capaci di avvicinare le posizioni e magari favorire una riforma condivisa. In ogni caso il tempo stringe. A primavera 2015 ci sarà il voto per le regionali, magari preceduto dalle prima rie presidenziali… fra la Boschi e Rossi.



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