Calcio storico: caro Nardella non perda tempo, avvii subito la rifondazione
Caro sindaco Dario Nardella,
qualche anno fa, durante una trasmissione sportiva televisiva, lei sobbalzò quando affermai che la Fiorentina (intesa come squadra, allora allenata dal serbo Sinisa Mihajlovic) aveva bisogno di una rifondazione. In quel periodo era vicesindaco della giunta guidata da Matteo Renzi e, probabilmente, ogni riferimento a quel termine la portava a pensare politicamente e non a dare alla prola un’interpretazione lineare: ossia a prenderla semplicemente come voce del verbo, significato che naturalmente avevo tenuto a dare io. Ho dunque apprezzato, qualche giorno fa, a margine della dolorosa decisione di annullare la finale del Calcio storico, privando Firenze della rievocazione di una pagina di storia (nel 1530 i fiorentini assediati giocarono il Calcio per prendere in giro Carlo V, imperatore assediante che aveva dichiarato una guerra fori tempo e fori misura), la sua solenne promessa: la rifondazione del Calcio storico.
RAMMARICO – Ecco, sia pure con il rammarico per aver visto i fiorentini privati di uno spettacolo antico ma sempre nuovo e cinque-sei troupe televisive internazionali tornare a casa senza aver girato niente pur avendo pagato salati diritti di ripresa, immaginavo che lei, caro sindaco, mettesse subito in moto la macchina rifondativa: nominando un commissario straordinario. O una commissione, magari con il contributo dei quattro colori che, nel pasticcio che ha provocato l’annullamento della finale, c’entrano e non c’entrano. Nel senso che il groviglio è nato dalla scarsa capacità del Comitato del Calcio di far rispettare le regole. Oltre che da vuoti normativi ascrivibili allo stesso Comitato. Che ha provveduto a trasformare un gioco duro, derivante dall’arpasto dei romani, in una sorta di pallavvelenata. Con due file di calcianti che si fronteggiano a metà campo e uno che sta dietro, con la palla in mano, in noiosa attesa di un varco per andare a segnare la caccia. Se si è avuto il tempo per pensare un simile obbrobbrio (certo, c’era stato qualche snaturamento anche una ventina d’anni fa, sotto la presidenza di Giannozzo Pucci…) si poteva anche prendere in considerazione la proposta di punire la squadra del calciante che non esce nel giro di un minuto assegnando una caccia alla squadra avversaria. O un’altra cosa migliore. Invece ci siamo impantanati come al tempo dell’alluvione.
BANDIERA – Chi scrive, nato cresciuto e … peggiorato a Firenze, segue il Calcio storico da oltre cinquant’anni: prima quand’era un soldo di cacio capace di entrare in piazza della Signoria nascosto fra le pieghe di una bandiera; poi come cronista de “La Nazione” che ha raccontato tutte le partite per una trentina d’anni di fila. Avendo modo di vedere di tutto e di più. Ma che non ricorda, per quanti sforzi faccia, un ingorgo così inestricabile. Per questo, per dare un contributo a uscire dal groviglio, è nata anche l’idea di ospitare su FirenzePost i lucidi contributi di un calciante bianco molto amato, Marino Vieri, e di un ex capitano azzurro, Alessandro Dei, fra l’altro babbo di Lorenzo, calciante di parte azzurra autore della caccia nella semifinale del 14 giugno.
RACCOMANDAZIONE – Tutt’e due hanno fatto una raccomandazione: cambiare rapidamente. Mi associo all’invito, chiedendo di risolvere un altro problema che tanto piccolo non è: dare ai giornalisti una tribuna stampa, come succede in ogni spettacolo pubblico, evitando disagi e soprattutto pericoli che i pass assegnati quest’anno comportavano. E mettendo i cronisti in condizione di raccontare e divulgare il nostro Calcio, in “tutto il mondo”, come recita il regolamento comunale che disciplina feste e tradizioni. Rifondare è impegnativo. Ma in certi casi irrinunciabile. E soprattutto va fatto subito: nonostante gli impegni, caro sindaco, che lei ha sulla tramvia, l’aeroporto, il Teatro comunale, lo stadio e … il quotidiano assedio dei fiorentini.
Così voglia gradire, nell’occasione, i saluti e gli auguri, anche se ormai tardivi, per un San Giovanni volato via con i botti dei fochi, l’eliminazione dell’Italia dai Mondiali 2014 in Brasile e, ahimè, senza colpi di colubrina e senza inno della vittoria.