Spesa pubblica: le società partecipate (statali e locali) ci costano 26 miliardi di euro l’anno
ROMA – Il settore delle aziende partecipate costa, solo allo Stato, 26 miliardi ogni anno. Carlo Cottarelli, commissario alla spending review, ne ha contate circa 10 mila, la Corte dei Conti più o meno 7.500. Numeri incredibili e non convergenti, che dimostrano la complessità e la poca trasparenza del mondo di queste società. Un settore in gran parte inesplorato nella cui jungla il governo vorrebbe mettere ordine, seguendo sia l’analisi di Cottarelli, sia i calcoli della Corte dei Conti. Solo per inciso, e restando sul piano locale, possiamo aggiungere che anche la Regione Toscana ha le sue perdite con le società partecipate, dove si trova un po’ di tutto (comprese aziende alimentari, dal latte al formaggio, ossia attività fuori dal livello istituzionale). Il governatore, Enrico Rossi, aveva annunciato un piano di dismissioni rimasto però sulla carta.
CORTE CONTI – Il procuratore generale Salvatore Nottola – nel suo giudizio sul rendiconto generale dello Stato – ha sottolineato come gli enti partecipati «hanno un forte impatto sui conti pubblici, sui quali si ripercuotono i risultati della gestione, quando i costi non gravano sulla collettività, attraverso i meccanismi tariffari». Il movimento finanziario indotto dalle società partecipate dallo Stato, costituito dai pagamenti erogati dai Ministeri nei loro confronti, è ammontato a 30,55 miliardi nel 2011, 26,11 miliardi nel 2012 e 25,93 nel 2013. Il «peso» delle società strumentali sul bilancio dei Ministeri è stato di 785,9 milioni nel 2011, 844,61 milioni nel 2012 e 574,91 milioni nel 2013.
NUMERI – I numeri sono progressivamente calati, a dimostrazione che lo Stato è già in qualche modo intervenuto a razionalizzare il fenomeno.
ENTI LOCALI – Tuttavia, gli esiti di tale sforzo sono stati solo «in parte positivi». Il buco nero resta fra regioni e enti locali, restii a tagliare enti che rappresentano serbatoi di poltrone.Basti pensare che un terzo degli oltre 5mila enti partecipati dagli enti locali presenta ancora conti in rosso. Un mondo così variegato e ricco di implicazioni richiederebbe una assoluta trasparenza del fenomeno. La realtà è diversa, ha affermato il procuratore. L’assetto delle società è infatti soggetto a vicende «complesse», con aspetti contabili che sono «spesso oscuri». Inoltre, specialmente nelle società «in house», la carenza di controlli favorisce episodi di cattiva gestione, fonte «non di rado di illeciti anche penali».
GOVERNO – Perciò Nottola ha richiesto al governo di porre mano «a un disegno di ristrutturazione organico e complessivo, che preveda regole chiare e cogenti, forme organizzative omogenee, criteri razionali di partecipazione, imprescindibili ed effettivi controlli da parte degli enti conferenti e dia a questi ultimi la responsabilità dell’effettivo governo degli enti partecipati».
Ma anche in questo caso temo che il governo si scontrerà contro quella palude d’interessi di politica e sottopolitica a livello locale, che costituisce la vera palla al piede del nostro Paese.