
Fisco: la pressione in Italia aumentata di 12,6 punti percentuali
ROMA – Dal 1980 ad oggi la pressione fiscale in Italia è aumentata di 12,6 punti percentuali. Le sole imprese hanno pagato all’erario 110,4 miliardi di euro l’anno. Lo rileva la Cgia di Mestre, proprio nel giorno in cui dai dati di Equitalia emerge come sia esploso il ricorso alla rateizzazione per saldare i propri debiti con il Fisco. Una prassi motivata dalla convenienza dell’agevolazione, ma anche dal fatto che la crisi si è fatta fortemente sentire sui portafogli degli italiani.
La confederazione degli artigiani segnala che nell’Ue solo le imprese tedesche, in termini assoluti, pagano più tasse di quelle italiane, ovvero 121 miliardi di euro; però la Germania ha 20 milioni di abitanti in più. La Cgia ricorda ancora che nel 2014 la pressione fiscale raggiungerà il 44%, pari al record già toccato nel 2012.
L’inasprimento del carico fiscale sembra dovuto alla rivalutazione delle rendite finanziarie, all’aumento dell’Iva, che nel 2014 si distribuisce su tutto l’arco dell’anno, all’introduzione della Tasi e soprattutto all’aggravio determinato per le banche. Va così in fumo ogni vantaggio derivante dal taglio dell’Irap per le imprese e dagli 80 euro lasciati in busta paga ai lavoratori dipendenti con redditi medio bassi.
Il carico fiscale nel nostro Paese è pari al 16%, mentre l’Irlanda, è al 12,3%, la Germania all’11,6%, il Regno Unito all’11,2%, la Francia al 10,3%. La media Ue è pari all’11,3%.
Anche in questi dati c’è la conferma, se ancora ce ne fosse stato bisogno, dell’inutilità dei presunti vantaggi concessi a lavoratori e imprese, ampiamente compensati, in negativo, dall’aumento esponenziale del carico fiscale.
