Il libro di Mecacci (premio Viareggio), pista credibile sull’assassinio di Giovanni Gentile
A Viareggio, il prestigioso premio per la saggistica è andato a Luciano Mecacci per il libro «La Ghirlanda fiorentina» (ed. Adelphi), una documentatissima ricostruzione della morte del filosofo Giovanni Gentile, figura di spicco della cultura italiana del secolo scorso e ideologo del fascismo, che non volle rinnegare neppure quando se ne profilò la rovinosa caduta.
Gentile fu assassinato a colpi di pistola il 15 aprile 1944, davanti al cancello della sua residenza (Villa Montalto al Salviatino). Le indagini furono lacunose, piene d’incongruenze e – forse – di depistaggi. A compiere materialmente l’esecuzione fu un commando di giovani comunisti dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica); anche i nomi dei mandanti sono noti, dopo le rivelazioni dello scrittore Romano Bilenchi allo storico Sergio Bertelli. Ma ipotesi alternative alla versione corrente che chiamava in causa, a seconda dei punti di vista, un gruppo di “fanatici comunisti” o di “esecutori della giustizia popolare” entrarono subito in circolazione.
Si attribuì, di volta in volta, il delitto ai fascisti dell’ala più violenta (vicina ai torturatori della banda Carità, i cui metodi certamente non erano approvati da Gentile) o al decisivo intervento dei servizi segreti alleati, che potevano contare sul supporto in loco di elementi vicini al Partito d’Azione. E questa è proprio la pista privilegiata da Mecacci, che segue pazientemente e con grande acume tutte le tracce, soppesando ogni indizio, per arrivare a conclusioni che appaiono convincenti. La “prova regina” probabilmente non si avrà mai, ma il coinvolgimento angloamericano sembra ormai difficile da smentire.
Un’ultima osservazione: perché il titolo “La Ghirlanda fiorentina”? Questo era il titolo di un taccuino dove John Purves, uno studioso scozzese che lavorava per i servizi segreti britannici e fu inviato a Firenze nel 1938, raccolse firme, disegni e frasi di vari intellettuali presenti all’epoca in città (vi figurano i più bei nomi della cultura italiana, da Montale a Gadda, da Croce a Luzi, da Palazzeschi a Rosai). Ma, s’intende, quel titolo è metaforico: la “ghirlanda” è in realtà il mondo degli intellettuali, e soprattutto degli accademici, che ruota intorno all’affaire Gentile, con le sue meschinità, le sue doppiezze, i suoi voltagabbana. Non sempre alla brillantezza d’ingegno corrispondono doti di umanità altrettanto elevate. Luci impietose, puntate su lettere e documenti, danno un’immagine sconfortante di certi venerati maestri: pronti, in alcuni casi, a trasformarsi in feroci saladini, trasformisti saltabeccanti dalla camicia nera alla sacrestia e dall’acquasantiera alla falce e martello. Alla fine, chi ne esce meglio è proprio la famiglia Gentile, la cui dignità non può non suscitare ammirazione. Nessuno chiese vendetta, e nemmeno invocò a gran voce giustizia. Pur così tragicamente colpiti, i congiunti vollero solo far proprio l’ultimo appello del filosofo, l’appello alla riconciliazione di tutti gli italiani.
Qui di seguito ilcommento completo al libro.