Sub morti alle formiche di Grosseto: giovedì la verità sul monossido nelle bombole
PERUGIA – A quasi un mese dalla tragedia delle Isole Formiche, non è stata del tutto chiarita la dinamica che ha causato la morte dei tre sub perugini Fabio Giaimo, Enrico Cioli e Gianluca Trevani. Mercoledì saranno passati esattamente trenta giorni da quel maledetto 10 agosto quando i tre sub riemersero senza vita dalle acque dell’Argentario, stroncati da un fiume di monossido di carbonio finito non si sa come nelle loro bombole. E la risposta più attesa, quella cioè che potrebbe aiutare a stabilire come il monossido appunto sia entrato nelle bombole, potrebbe arrivare già giovedì prossimo giorno in cui è in programma l’analisi dei due compressori con cui sono state caricate le bombole, che si trovavano a bordo della barca dell’Abc Diving di Talamone, Emery Island, il cui proprietario Andrea Montrone, insieme ad un suo collaboratore Maurizio Agnaletti sono indagati per omicidio colposo plurimo.
Che le bombole contenessero una quantità abnorme di monossido di carbonio è ormai pacifico e assodato: basti ricordare che nelle tre bombole dei tre sub morti c’erano 2300, 2100 e 1600 particelle per milione, quando il ‘tollerato’ dal corpo umano si aggira intorno alle 200 ppm, adesso però si deve capire come ci sia entrato. Un malfunzionamento del compressore? Oppure il monossido è entrato da fuori, magari emesso da qualche motore? Il titolare del diving Montrone, il primo a finire nel registro degli indagati, iscritto dal sostituto procuratore della Repubblica di Grosseto Stefano Pizza, che sta indagando dal primo istante al caso, aveva inizialmente dichiarato di aver ricaricato personalmente le bombole che poi hanno noleggiato i sub. Aveva detto di averlo fatto il pomeriggio precedente alle immersioni del 10 agosto e di aver fatto attenzione ad evitare che l’aria iniettata dentro fosse contaminata da qualcosa di nocivo.