Firenze: morte di Mons. Porcinai, gran folla stamani in San Lorenzo per l’ultimo saluto
FIRENZE – «In questa stanza il mio piccolo respiro vive nel respiro di Dio…». Così poco tempo prima di morire monsignor Fabrizio Porcinai, 69 anni, gravemente malato, raccontava di sé in una lettera a Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose, in Piemonte. Così il sacerdote è stato ricordato stamani 13 settembre durante i suoi funerali nella Basilica di San Lorenzo dal cardinale Giuseppe Betori.
«Parole come queste le poteva dire solo un uomo con la fede di una vita intera», ha detto Betori durante l’omelia, sottolineando le qualità umane e spirituali di don Porcinai, «un prete coraggioso».
Le esequie di don Fabrizio, morto dopo una lunga malattia nella notte fra mercoledì 10 e giovedì 11 settembre, si sono svolte nella chiesa di cui il prelato era co-parroco, con mons. Angelo Livi.
Sono state celebrate dal cardinale arcivescovo di Firenze assieme al vescovo emerito di Aosta, Giuseppe Anfossi, e al vescovo di Prato Franco Agostinelli, davanti a decine di sacerdoti, alcune autorità, e centinaia di fedeli fiorentini, in una basilica gremita.
E in un silenzio muto. Senza lacrime. Denso però di rispetto verso un prete di lungo corso in città e dal curriculum di alto profilo, a partire dagli anni della sua formazione, compiuti in parte nella vivacità del dopo-concilio a Torino, alla scuola del cardinale Michele Pellegrino, in una fucina di preti e laici come appunto Enzo Bianchi di Bose, don Luigi Ciotti di Libera ed Ernesto Olivero, fondatore del Sermig all’Arsenale della Pace.
Don Fabrizio Porcinai era uno dei più importanti collaboratori dell’attuale cardinale di Firenze, oltre a essere stato «in assoluto, negli ultimi decenni, il rettore del seminario fiorentino per più tempo», ha sottolineato Giuseppe Betori, e anche tra coloro che hanno dato vita alla Fondazione don Lorenzo Milani. Il cardinale lo aveva riconfermato, mercoledì 10 settembre, poco prima che don Porcinai morisse, Vicario episcopale per gli affari economici dell’Arcidiocesi di Firenze. Una nomina assegnata a un uomo morente in segno di affetto e fiducia, ha spiegato Betori.