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Natale 2025
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Calcio e sicurezza: le spese per l’ordine pubblico devono pesare sui club

La violenza negli stadi
La violenza negli stadi

I numeri e i costi delle forze dell’ordine impiegate per garantire la regolarità e la tranquillità delle partite di calcio sono impressionanti. Quarantacinque milioni di euro annui e seimila uomini ogni domenica per garantire l’ordine pubblico e il regolare svolgimento delle partite. In media ogni partita vede schierati 300 poliziotti e carabinieri tra quelli locali e quelli dislocati dai reparti mobili delle principali città. E per gli agenti che arrivano da fuori raddoppiano l’indennità di ordine pubblico (18 euro l’ora) e gli straordinari (13 euro) . Negli Usa, in Gran Bretagna e in Germania, i costi per la forza pubblica impiegata all’interno degli stadi sono a carico delle società sportive che organizzano l’evento. In Italia le società si fanno carico della sorveglianza dei settori dello stadio da parte degli steward, mentre l’ordine pubblico esterno è gestito dallo Stato. E l’enorme cifra spesa ogni anno a salvaguardia degli impianti è totalmente a carico della collettività.

CONTRIBUTO – Eppure se le squadre di A e di B contribuissero al prezzo della security se lo caverebbero con circa 230 mila euro a testa a partita. Una cifra, bilanci alla mano, tutt’altro che insostenibile per società che annualmente incassano (in media) 900 milioni di euro per i diritti tv e 240 dagli sponsor. E’ ben vero che ormai si parla di polizia presente solo all’esterno degli stadi, perché all’interno agiscono gli steward, addestrati e pagati dai clubs, ma è altrettanto vero che il maggior pericolo di incidenti esiste ormai soprattutto al di fuori degli stadi, come ha dimostrato anche il recente episodio dell’uccisione di un tifoso napoletano in occasione della finale di Coppa Italia.

SOCIETÀ – Ciclicamente torna la richiesta di addossare anche in Italia i costi della sicurezza completamente a carico delle Società. Ma neppure la politica fa molti passi in avanti per responsabilizzare maggiormente i clubs. Eppure era stato proprio Matteo Renzi qualche tempo fa a proporre il «modello inglese» giudicando «profondamente sbagliato» che le spese della pubblica sicurezza negli stadi siano a carico della collettività. «Mi dispiace per i presidenti, ma dovrebbero pagare loro e poi è inaccettabile che i servitori dello Stato siano costretti a vivere ogni domenica in tenuta anti-sommossa».

COSTI – Se si fa un calcolo analitico di quanto costa alla collettività la sicurezza di una giornata di campionato si constaterà che, per l’erario, la lista delle uscite è lunga. Straordinari e festivi, indennità di ordine pubblico, pasti, gasolio, utilizzo di mezzi e unità cinofile. E ancora, riparazione dei danni ai mezzi, giornate di malattia per infortuni di servizio e scontri con le tifoserie. Insomma, il costo minimo per una partita di serie minore considerata «non a rischio» (quindi con un numero ridotto di forze dell’ordine e disputata in un stadio medio-piccolo) è stato calcolato mediamente in 40mila euro. La cifra, però, si moltiplica per gli incontri definiti «caldi» per storiche rivalità tra tifoserie. Quando si tratta di incontri delicati (come Fiorentina – Juventus, ad esempio) le misure di ordine pubblico vedono impegnati prefetto, questore, sindaco, comandante provinciale dei Carabinieri e Società, nell’intento di diminuire il rischio di incidenti. Mi è successo più volte, nella mia esperienza di prefetto, di dovermi applicare con pazienza a queste problematiche.

INGAGGI – Le società però da quest’orecchio non ci sentono e non vogliono contribuire in alcun modo alle spese per la forza pubblica. Eppure gli incassi, i proventi soprattutto per diritti televisivi sono sempre in aumento. E mentre si rifiutano di pagare cifre in fondo modeste per un servizio essenziale, elargiscono ingaggi assurdi a calciatori e allenatori. Sarebbe in fondo giusto, alla fin fine, far gravare questi costi a carico di chi assiste allo spettacolo, facendone pagare una quota attraverso un ritocco del biglietto agli spettatori, che della sicurezza sono destinatari. Quella delle società di calcio è, in definitiva, la stessa filosofia che a suo tempo ispirava l’attività di una grande famiglia proprietaria della più grande azienda italiana. Le spese sono pubbliche e i guadagni sono privati.

SIULP – Anche il sindacato Siulp chiede che le società sportive partecipino «per le indennità accessorie degli operatori di polizia impiegati a garantire non solo l’evento sportivo ma anche il giro d’affari dei club». La soluzione? «Il principio di sussidiarietà». E cioè «caricare sugli organizzatori le spese accessorie e gli eventuali danni, che poi si ripercuotono sulla sicurezza collettiva». In ogni città che ha una squadra nella massima serie i soli vigili urbani costano quasi 200mila euro in più l’anno per garantire la sicurezza alle partite in servizi non strettamente connessi con la viabilità.

FIGC – L’allora Presidente della FIGC, Giancarlo Abete, aveva calcolato che le tasse pagate dal mondo del calcio allo Stato ammontano già a un miliardo e trecento milioni di euro annui. E che quindi su quello si doveva basare il contributo delle società. La stessa tesi è stata ribadita dal suo successore, Carlo Tavecchio, al termine dell’audizione alla Commissione Affari Costituzionali della Camera: «Si chiede alle società la copertura di parte dei costi per la sicurezza , ma ho cercato di spiegare che questo non si può attuare. Ho detto velatamente che la parte fiscale che sostiene il mondo professionistico non puo’ portare a dare un contributo su un costo di sicurezza che viene gia’ garantito dall’imposizione fiscale dello Stato». La connivenza tra ultrà e società, per Tavecchio è un altro ‘tema gravissimo. «Siamo una societa’ di 60 milioni di abitanti in Italia ,non si può pensare che nel mondo sportivo non ci siano soggetti che delinquono. E’ un problema che va assolutamente colpito, in maniera determinata con provvedimenti gravi che devono essere tutelati dalla magistratura». Dimentica però di ricordare quanto pesino, sullo strapotere degli ultras, i rapporti di quasi connivenza fra diverse società e gruppi di tifosi.

CONI – Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano dal 2013, al fine di evitare strumentalizzazioni su favori e privilegi riservati ai Parlamentari della Repubblica, ha deciso di non rilasciare più la concessione della tessera riservata ad onorevoli e senatori per l’accesso alle manifestazioni sportive che si svolgono sul territorio nazionale. Sarà forse anche per questo che gli onorevoli hanno più volte ceduto alle lusinghe delle lobby del calcio, respingendo al mittente ogni disegno di legge che prevedesse una compartecipazione alle spese da parte delle società.

Ma è necessario intervenire al più presto. Le finanze pubbliche in sofferenza non consentono questi sprechi del denaro dei contribuenti. Teniamo conto che le Forze dell’ordine debbono fronteggiare una galassia di 300 gruppi ultrà. Oggi la stima più attendibile porta a ritenere che queste sigle mobilitino almeno 60mila persone. In pratica, negli impianti, è in servizio appena un poliziotto, un carabiniere o un finanziare ogni 10 supporter delle frange più violente. E si moltiplicano perciò, come abbiamo visto, le richieste affinché le società professionistiche si accollino i costi derivanti dall’impiego delle forze di polizia all’interno degli stadi e durante le trasferte. E allora? Speriamo che Renzi, inguaribile tifoso viola, presti attenzione anche a questo problema.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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