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Polo Museale di Firenze, Acidini: «Mi sono dimessa solo per anticipare la pensione»

Cristina Acidini
Cristina Acidini

FIRENZE – Le dimissioni della soprintendente al Polo museale fiorentino, Cristina Acidini Luchinat, non devono destare sorpresa. È il senso delle dichiarazioni che anche oggi, 23 settembre, sono arrivate dalla stessa Acidini all’indomani del suo volontario passo indietro, dopo la notizia che èsotto inchiesta penale per abuso d’ufficio ed è stata citata in giudizio davanti alla Corte dei Conti per danno erariale.

«Ho chiesto di poter entrare in quiescenza, di andare in pensione con un lieve anticipo rispetto alla scadenza anagrafica o contributiva – ha detto la soprintendente -. Avrei avuto ancora un anno di lavoro, ho chiesto solo di anticipare». Già ieri Cristina Acidini aveva spiegato il gesto delle dimissioni «non per le inchieste a mio carico», anzi che la richiesta di pensionamento era stata avanzata al ministero circa 15 giorni fa, con anticipo quindi rispetto alla notifica del provvedimento giudiziario.

«La mia decisione – aveva sottolineato – che arriva dopo oltre 38 anni di servizio, scaturisce dalla valutazione dei probabili effetti della riforma in itinere: infatti nel futuro assetto di soprintendenze e musei non è prevista una posizione paragonabile alla mia attuale, che il Ministero mi ha assegnato nell’ottobre 2006». Oggi ha precisato che le sue affermazioni non vanno intese come una contrarietà alla riforma governativa in corso, voluta dal ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini.

Intanto si è appreso che supera il milione di euro l’ammontare delle polizze stipulate dalla sovrintendenza al Polo Museale fiorentino con la compagnia Axa-art, dal 2006 al 2013, per la copertura assicurativa delle opere d’arte in occasione di trasporti all’estero per mostre ed esposizioni.

Il dato emerge dall’inchiesta che vede accusati di abuso d’ufficio l’attuale sovrintendente, Cristina Acidini, e il suo predecessore, oggi direttore dei Musei vaticani, Antonio Paolucci. Secondo l’accusa, la compagnia è stata scelta con affidamento diretto, violando così il codice degli appalti, che per somme superiori ai 40 mila euro prevede il ricorso al bando di gara o, se la cifra non supera i 200 mila euro, che vengano consultati almeno cinque operatori del settore. Sempre secondo l’accusa, tale disposizione sarebbe stata violata frazionando gli importi.

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