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Diego Della Valle e le sòle (Renzi & Marchionne). Lui sì che se ne intende…

Matteo Renzi e Diego Della Valle durante un incontro allo stadio
Matteo Renzi e Diego Della Valle durante un vecchio incontro allo stadio, con Pepito Rossi lì accanto

Domenica sera, probabilmente, s’incontreranno in tribuna, al Franchi, per Fiorentina-Inter e forse, chissà, si scambieranno una stretta di mano facendo finta che nulla sia successo. Ma tra Diego Della Valle e Matteo Renzi sembra finito il tempo della simpatia, cementato dal tifo per la squadra viola. Della Valle ha inondato “Servizio pubblico” con un torrentizio intervento in cui ha sparato a zero sull’ex amico («amministratore delegato» per conto di Berlusconi, che «ha lavorato tanto» e ora si gode la vita) e sulla sua squadra di governo farcita di ministri inadeguati, «partiti da paesetti» del contado toscano e approdati ai palazzi romani non per competenza o meriti professionali, ma per legami d’amicizia col premier. Ci va giù duro il patron della Fiorentina, non c’è che dire.

RENZI – Renzi starebbe diventando un pericolo per l’incapacità di tradurre in realtà le tante promesse fatte (l’unica mantenuta, quella degli 80 euro in busta paga, è «una boutade mediatica»); perché va nella Silicon Valley da turista, mentre un uomo di governo serio avrebbe portato con sé una folta delegazione d’imprenditori; perché nasconde i fallimenti cercando di distrarre l’opinione pubblica, ad esempio inventandosi nemici-fantasma contro cui lanciare proclami tanto reboanti quanto insulsi. E qui pare che Della Valle colga proprio nel segno. Ogni giorno siamo rintronati da dichiarazioni rodomontesche (‘Io non mollo! Non mi fermeranno!’); certo Renzi si sente un titano, e non ci meraviglieremmo di sentirlo declamare, con voce stentorea e cipiglio di circostanza, i versi leopardiani: «L’armi, qua l’armi: io solo / Combatterò, procomberò sol io»; ma più che l’eroe di un poema epico, ormai sembra un personaggio da teatrino dei pupi.

SÒLE E SCARPARI – Chi sarebbero i malvagi che gli frappongono ostacoli? Assomma le cariche di segretario del partito di maggioranza e di capo del governo, ha scelto la maggior parte dei ministri tra i suoi fedelissimi; le ultime elezioni gli hanno consegnato una maggioranza schiacciante; che cosa vorrebbe ancora, abolire l’opposizione, proibire i sindacati, esiliare la Merkel in un atollo del Pacifico? Altre bordate di Della Valle, dopo la pittoresca definizione di ‘sòla’ con cui, qualche giorno fa, erano stati bollati sia il premier sia Marchionne, sono partite in direzione della Fiat. L’amministratore delegato della multinazionale ha replicato che l’appellativo ‘sòla’, detto da uno «scarparo», è un riconoscimento, perché la suola è parte essenziale della scarpa. Giusto: ma, caro Marchionne, ha mai riflettuto sulle ragioni dell’uso figurato del termine? Ha mai pensato all’entusiasmo di trovarsela nel piatto, la sòla?

L’eloquenza di Mister Tod’s, proprio perché debordante, è spesso prolissa e ripetitiva, e a lungo andare soporifera. Della Valle aggroviglia periodi e affronta impavido, con voce un po’ monotona, i massimi sistemi; dispensa saggi (a suo modo di vedere) suggerimenti e critiche feroci, ma finisce per annacquare le battute più piccanti nel brodo lungo delle sue interminabili concioni. Lo spazio televisivo esige ormai tempi brevi, frasi rapide e ficcanti; più Twitter che arringhe ciceroniane, insomma; altrimenti si perde efficacia e si annoia il pubblico. Ma, a dispetto di questa imperfetta padronanza della scena mediatica, non possiamo non valutare positivamente la spregiudicatezza dell’imprenditore marchigiano: pane al pane, vino al vino e «sfaticati e opportunisti» ai membri della Grande Famiglia (ex?) torinese. È già un bel progresso rispetto alle non dimenticate interviste ossequiose e compunte di Enzo Biagi all’Avvocato.


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