Firenze: gli stati generali della lingua italiana. Che (per ora) sta abbastanza bene
FIRENZE – Si è aperto nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio il Convegno sugli ‘Stati generali della lingua italiana nel mondo’. Qual è il ruolo dell’italiano in quest’epoca di trasformazioni tumultuose, di nuove culture che salgono prepotentemente alla ribalta, mentre sembrano declinare antiche e prestigiose civiltà? Pare che il nostro idioma non se la passi poi così male, piazzandosi al quarto o quinto posto nelle statistiche delle lingue più studiate nel mondo; però sul suo futuro gravano anche ombre e preoccupazioni. Ormai le tradizionali ‘lingue di cultura’ sono insidiate non solo dall’egemonia planetaria dell’inglese, ma anche dalla concorrenza delle lingue di paesi emergenti, ben più dinamici di certe illustri nazioni europee che, dopo aver dato in passato uno straordinario apporto di letteratura e di civiltà, lasciano oggi ad altri il primato nell’innovazione scientifica e tecnologica. Ed è noto che lo sviluppo economico è anche il più importante fattore di espansione linguistica.
PALAZZO VECCHIO – Per fare il punto della situazione e suggerire nuove iniziative si sono avvicendati sul palco allestito davanti alla statua di Leone X studiosi provenienti da tutto il mondo, giornalisti e scrittori famosi, imprenditori, esponenti ben noti del mondo dello spettacolo, della politica e della diplomazia, presentati da Lucia Annunziata (cui forse non nuocerebbe – visto l’eloquio talvolta avventuroso e la pronuncia non proprio impeccabile sfoggiata anche in questa occasione – una energica risciacquata dei panni in Arno, o almeno un’attenta compulsazione di un buon manuale di ortoepia).
NARDELLA – Il padrone di casa, Dario Nardella, ha introdotto i lavori proponendo, al fine di favorire la diffusione dell’italiano, l’istituzione di un ‘Erasmus delle arti’ che consenta ai giovani europei di avvicinarsi alla nostra lingua attraverso lo studio del patrimonio artistico di cui il paese è ricco. Ma il sindaco di Firenze vedrebbe con favore anche un incremento delle tournée musicali all’estero (di orchestre o di allestimenti operistici, si presume: progetto non facilmente realizzabile nel bel mezzo di una crisi che sembra ben lontana dalla fine); mentre un sempre esuberante Renzo Arbore ha aggiunto l’auspicio di esportare la nostra miglior produzione pop (le canzoni di De André, Paoli, Dalla, Battisti, De Gregori, Conte) garantendo la fruizione dei testi, spesso pregevoli, con traduzioni o sottotitoli.
MARAINI – Molto applaudito l’intervento di Dacia Maraini, che ha preso di mira, con misurata ironia, l’eccessiva e spesso ostentata intrusione di anglicismi nel lessico italiano: ogni lingua deve conservare la sua specificità e la sua fisionomia tradizionale, trasformandosi nel tempo senza imbarbarirsi. Il futuro non è nella contaminazione selvaggia, ma nel plurilinguismo rispettoso delle rispettive identità, come accade in Svizzera (il modello elvetico, dove coabitano tre lingue ufficiali – italiano, francese e tedesco – è stato efficacemente illustrato dalla cancelliera Corina Casanova). Chissà se Dacia Maraini ha letto i documenti allestiti per il convegno da gruppi di studio formati da linguisti ed esperti vari (disponibili sul sito internet del Ministero degli Esteri dedicato al convegno), che esibiscono, ahimè, un italiano a tratti sconcertante. Qualche esempio: «La mancanza di un lemmario condiviso che funga da frame work per i realizzatori di corsi on line»; «Si rende anche necessaria una campagna di comunicazione con un claim di impatto che motivi allo studio della lingua».
Oggi, 21 ottobre, nel pomeriggio si sono svolte le sessioni di lavoro sulle varie strategie di promozione dell’italiano; domani le conclusioni. Sperando che alle buone intenzioni segua una capacità d’attuazione altrettanto rapida e brillante.