Opera di Firenze, convince la «Cavalleria Rusticana»: applausi per tutti, specie per il coro
FIRENZE – Ha debuttato all’Opera di Firenze «Cavalleria rusticana» di Pietro Mascagni, uno dei titoli più popolari della storia della lirica. Teatro gremito e applausi per il cast, ma soprattutto per il Coro del Maggio Musicale Fiorentino, che ha offerto una performance superlativa. Merito anche della regia di Mario Pontiggia, che gli ha permesso non di rado di distendersi lungo tutto il palco ed uscire al meglio anche con le voci.
Un’opera di grande impatto, la «Cavalleria rusticana». E dire che il giovanissimo e ancora sconosciutissimo Mascagni pare non la volesse nemmeno mandare alla commissione del concorso che poi vinse, nel 1889, e che sia stata la moglie a spedirla di nascosto, come raccontò lui stesso: «A mia insaputa si era messa a fare il pacco dello spartito di “Cavalleria” in fretta e furia. Mancava poco alla partenza della posta. Quel giorno diluviava. Per timore di non giungere in tempo, mia moglie non prese neanche l’ombrello. Si mise uno scialle in testa e scappò sotto quel torrente d’acqua». Fu più lungimirante del marito, che non solo incassò 3000 lire di premio, ma ebbe l’occasione di rappresentarla in un teatro della capitale e dal 1890, quando la «Cavalleria» vi debuttò ricevendo un’accoglienza trionfale, divenne una star (e meno male, vista la grana che gli piantò Verga per i diritti sulla novella: ci vollero ben 143.000 lire, per contentarlo).
La «Cavalleria rusticana» nel giro di pochi anni la conoscevano tutti, anche se allora l’unico modo per conoscere un’opera era andare a teatro. E naturalmente il pubblico, soprattutto quello dei piani più alti a teatro e più bassi nella scala sociale (il più esigente e intransigente con le voci, una volta), nelle opere popolari in cui è il tenore ad avere il ruolo più importante aspettava al varco soprattutto lui. Basta leggere, per farsene un’idea, il divertente capitolo sul Teatro Pagliano (dal 1901 Teatro Verdi) nelle «Stampe dell’Ottocento» di Palazzeschi.
È il tenore il più esposto anche nella «Cavalleria», tant’è che dovrebbe essere lui ad uscire per ultimo, al momento di raccogliere gli applausi, anche se ora cavallerescamente fanno uscire Santuzza. A ricoprire questo ruolo capitale c’è il toledano Sergio Escobar, dotato di voce abbondante e forte. Un Turiddu apprezzabile attorniato da un cast che tiene (anche se la D’Intino, grande cantante rossiniana, nei panni di Santuzza è forse un po’ fuori ruolo) e soprattutto sostenuto da un coro in forma smagliante. Fantastico il finale della scena III («Regina coeli laetare» e «Inneggiamo, il Signor non è morto»), che ha strappato anche qualche applauso al pubblico, ma molto belli anche gli altri interventi. Complimenti al Maestro Fratini. Buona anche la prova dell’orchestra.
La regia di Mario Pontiggia è ben collaudata: debuttò al Comunale di Firenze nel 2008, nell’ambito di un mini-festival intitolato «Recondita armonia», concepito proprio per proporre, a prezzi un po’ inferiori rispetto a quelli usuali (anche le produzioni erano meno costose, ma i risultati furono più che dignitosi), il grande repertorio lirico e riallargarne il pubblico, se non proprio riportarlo a quello che fu. Il successo dell’iniziativa fu vivissimo, fecero il tutto esaurito a tutte le recite (specie per i titoli come «Il trovatore» di Verdi i biglietti sparirono in un attimo), ma, dopo due sole edizioni, alla nuova sovrintendente parve che si svilisse il teatro ed eliminò il festival, mentre sarebbe stato da irrobustire e far durare ben più d’una quindicina di giorni. Dovrebbero restare in circolo tutto l’anno, eventualmente in una stagione parallela come quella accennata dal festivalino del 2008-2009, un po’ tutti i titoli che determinarono il successo universale dell’opera, compresa la «Cavalleria rusticana».
Uno dei suoi punti forti di quest’opera che, pur partendo da una novella verista, non scava nel sociale contentandosi di un taglio bozzettistico, per l’ambientazione, è la capacità di rappresentare in modo immediato, attraverso la musica e anche atraverso le parole del libretto, i sentimenti assolutamente primordiali che animano i personaggi: desiderio, passione, gelosia, odio, in un crescendo che travolge il pubblico, già coinvolto fin dalla “siciliana” esordiale (otto versi in dialetto, il cui argomento già introduce nel vivo della storia) che taglia il preludio nel momento di massima tensione, quando l’orchestra a pieno organico anticipa uno dei passi più drammatici del duetto tra Turiddu e Santuzza fuori dalla chiesa. Non cade la tensione mai.
Nell’allestimento tradizionale (aggettivo che non vuol essere affatto un insulto) firmato da Pontiggia la scena è unica: una chiesa, un sagrato con un terrazzo e il mare che luccica sullo sfondo. Molti i coristi e comparse, che col loro numero fanno indubbiamente “colore locale” (donne che ricamano in cerchio una gran tovaglia da altare di pizzo, crocchi di comari sul sagrato, la processione con la statua del Redentore …), ma fanno al contempo risaltare la solitudine drammatica di Santuzza, disonorata e di fatto abbandonata da Turiddu, tornato ad amoreggiare con Lola, già sua promessa e che, mentr’era di leva, s’era sistemata con compare Alfio. A rendere gradevole alla vista l’insieme contribuiscono i bei costumi di Francesco Zito e le suggestive luci di Giancarlo Salvatori, efficaci nell’evocare il calore del Meridione.
Anche nel 2008 alla «Cavalleria» furono associate due coreografie. Stavolta in prima serata se ne vede una molto bella, «La luce nel tempo», fluida coreografia creata per MaggioDanza da Francesco Nappa su un’ottima scelta di brani da due sinfonie di Franz Joseph Haydn.
Opera di Firenze (viale Fratelli Rosselli – Firenze)
«Cavalleria Rusticana», melodramma in un atto di Pietro Mascagni su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, tratto dall’omonimo dramma rappresentato da Giovanni Verga a Torino nel 1884, ispirato alla novella dello stesso autore
Allestimento del Maggio Musicale Fiorentino
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino, direttore Giampaolo Bisanti, Maestro del coro Lorenzo Fratini
Regia Mario Pontiggia – Scene e costumi Francesco Zito – Luci Gianni Paolo Mirenda
Santuzza: Luciana D’Intino (23, 26, 30) / Giovanna Casolla (28, 2)
Turiddu: Sergio Escobar (23, 26, 30, 2) / Sung Kyu Park (28)
Compar Alfio: Lucio Gallo (23, 26, 28) / Alberto Mastromarino (30, 2)
Lola: Martina Belli (23, 26) / Elena Traversi (28, 30, 2)
Mamma Lucia: Cristina Melis (23, 26, 30, 2) / Tina D’Alessandro (28)
Domenica 26 ottobre, ore 15.30
Martedì 28 ottobre, ore 20.30
Giovedì 30 ottobre, ore 20.30
Domenica 2 novembre, ore 20.30
45 minuti prima di ogni rappresentazione, guida all’ascolto nei locali del teatro
Prezzi, orari della biglietteria e vendita biglietti online sul sito dell’Opera di Firenze
Marco
Pietro resti a casa se non Le piace uno spettacolo.
Le avevo dedicato diverse righe un po’ forti, ma non offensive, per farLe capire quanto male faccia un atteggiamento critico come il suo.
Era un bellissimo spettacolo e ci torneremo in massa il 28.
pietro
Una vergogna di spettacolo. Una indecenza di voci, canto, orchestra, direttore su una delle opere peggiori della storia della musica. Non si salva nessuno.
Ed hanno dedicato la serata ad Anita Cerquetti!
Dal Cielo quella buona signora perdonerà!
Il pubblico è uscito a luci di sala ancora spente. Vecchio trucco del Teatro per protrarre le uscite (che sono state pochissime).
Ma chi vuol prendere in giro il Teatro e i critici acritici?