Tfr in busta paga: secondo i commercianti non servirà per rilanciare i consumi
Solo meno di due dipendenti su dieci chiederanno di avere il Tfr in busta paga e nella maggior parte dei casi lo useranno per pagare bollette e debiti, non certo per comprare prodotti e rilanciare i consumi, come sperava il premier Matteo Renzi.
SONDAGGIO – È questo il risultato di un sondaggio Confesercenti-SWG. Un’accoglienza molto tiepida all’invito del premier che se confermata dai fatti, dicono i commercianti, comporterebbe un modesto aumento dei consumi ed un gettito Irpef derivante dalla maggiore tassazione di 1 miliardo, inferiore alle previsioni del governo. A questo si aggiunge il timore espresso dal 64% degli imprenditori di avere problemi di liquidità nel caso in cui tutti i dipendenti scegliessero di monetizzare il Tfr.
DATI – Secondo quanto risulta dal sondaggio soltanto il 18% dei dipendenti privati italiani sceglierà di avere il TFR in busta paga, a fronte del 67% che invece continuerà a lasciare accumulare il suo trattamento di fine rapporto nell’impresa in cui lavora mentre il 15% dei dipendenti ancora non ha deciso. Hanno già scelto di usufruire della possibilità introdotta dalla legge di stabilità soprattutto le persone di età compresa tra i 35 e i 44 anni (21%), seguiti dai giovani fra i 18 ed i 24 (19%). Lo lasceranno in azienda, invece, soprattutto le persone più vicine alla fine del rapporto lavorativo: non lo toccheranno principalmente coloro tra i 55 e i 64 anni (72%) e tra i 45 ed i 54 (70%). Tra i lavoratori che hanno intenzione di richiedere il TFR su base mensile, la maggior parte è ancora incerta su come utilizzare la liquidità in più (44%). I rimanenti, invece, la investiranno soprattutto per forme di risparmio alternative (17%). Il 16% lo vuole investire in pensioni integrative, mentre il 13% segnala che userà il TFR in busta paga per saldare pagamenti e debiti pregressi. La percentuale sale al 36% tra i giovani compresi tra i 18 e i 24 anni. Lo investirà in acquisti solo il 10%.
EFFETTO – Se nel 2015 le indicazioni date dagli intervistati dovessero rimanere invariate, l’Ufficio Economico di Confesercenti stima un effetto espansivo modesto sulla spesa, con un incremento, a fine 2015, di 380 milioni, pari allo 0,1% dei consumi. Il numero ridotto di persone che opteranno per il TFR in busta paga, inoltre, potrebbe porre un problema anche per i conti pubblici. Il Tfr in busta paga, infatti, è sottoposto a tassazione ordinaria, e non ridotta come quando viene preso a fine carriera. Sulla base dei dati emersi dal sondaggio, emerge che il gettito Irpef generato dalla maggiore tassazione sarebbe di 1 miliardo, circa 1,5 miliardi in meno di quanto previsto dalla relazione alla Legge di Stabilità.
IMPRENDITORI – Per contro il 64% degli imprenditori teme che, se tutti o la maggior parte dei dipendenti scegliessero di avere il TFR su base mensile, l’impresa avrebbe difficoltà con la liquidità disponibile, a fronte di un 36% che, invece, non avrebbe problemi. Gli ostacoli sembrano nascere dagli impedimenti che le imprese incontrano nell’’ottenere prestiti e finanziamenti dal canale bancario, segnalati dal 66% degli imprenditori.
Non c’è che dire. Se i risultati dei sondaggi saranno confermati dai comportamenti dei lavoratori anche il secondo strumento ideato da Renzi per rilanciare i consumi, dopo gli 80 euro in busta paga, è destinato a un flop ancora maggiore. Nonostante le slides e gli annunci roboanti del premier. Ma forse Renzi penserà che anche i sondaggi di Confesercenti gufino contro di lui.