UE: il presidente nella commissione Juncker nella bufera per lo scandalo Luxleaks
BRUXELLES – Lo scandalo provocato dall’inchiesta giornalistica Luxleaks, che ha rivelato favoritismi fiscali concessi dal Lussemburgo a centinaia di società straniere per ridurre al massimo le tasse da pagare in altri Paesi, ha aperto un delicato caso politico in Europa, che coinvolge il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Costui è stato per circa 20 anni premier e ministro delle Finanze del Granducato, e in tale veste si è reso il principale promotore del regime locale da paradiso fiscale con rigido segreto bancario.
JUNCKER – La contraddizione è che ora, da presidente dell’esecutivo comunitario, dovrebbe condurre la lotta contro gli stessi privilegi fiscali concessi in patria da capo del governo. Nell’Europarlamento il leader dei liberali, l’ex premier belga Guy Verhofstadt, ha chiesto che la Commissione europea riferisca «immediatamente» all’Assemblea Ue e spieghi se i favoritismi fiscali denunciati dal Consorzio internazionale di giornalisti investigativi di Washington «rispettano la legge europea» e se «il sistema scelto dal Lussemburgo è legale o meno». Il presidente degli eurodeputati socialisti ha sollevato il problema di «credibilità di Juncker» perché «deve mostrare da che parte sta: dalla parte dei cittadini o degli evasori fiscali delle aziende». Il ministro delle Finanze francese Michel Sapin ha affermato che «non è più accettabile» alcun sistema di «ottimizzazione fiscale».
BELGIO – Anche da Belgio, Germania e Olanda erano arrivate proteste contro il regime vigente nel Granducato. Si è fatta rilevare la doppia posizione di Juncker che, quando era presidente dell’Eurogruppo dei ministri finanziari, ha sostenuto le misure di austerità volute dalla cancelleria tedesca Angela Merkel, che hanno provocato aumenti delle tasse ai cittadini di Paesi membri in difficoltà. Al tempo stesso da premier concedeva «lettere di conforto» a molte società straniere per garantire pagamenti ridotti al Fisco.
M5S – Gli eurodeputati del M5S, parlano di «scandalo vergognoso», e sottolineano questa «ennesima contraddizione dell’Europa, che sceglie di farsi guidare da un personaggio che ha avuto come scopo politico quello di far guadagnare il suo Paese sulle spalle degli altri partner europei». Juncker è stato difeso dal leader del suo partito Ppe, Manfred Weber, che gli ha espresso «pieno sostegno» e ha escluso che le rivelazioni di Luxleaks possano riguardare personalmente «il presidente della Commissione».
PORTAVOCE – L’ex premier lussemburghese è invece rimasto in silenzio, cancellando la partecipazione a una conferenza. Il suo portavoce ha invece precisato che la Commissione «sta già agendo» contro Malta, Olanda e Lussemburgo per aiuti di Stato illegali relativi a favoritismi fiscali. Luxleaks ha fatto emergere grossi nomi di multinazionali come Pepsi Cola o Ikea. Ma le inchieste della Commissione Ue, ereditate dal neo commissario per la Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, appaiono destinate a moltiplicarsi perché le stime parlano di decine di migliaia di società straniere domiciliate in Lussemburgo (tra cui molte italiane).
Il caso sarà discusso probabilmente dai ministri delle finanze dei 28, riuniti nell’Ecofin oggi. Non c’è dubbio che vicende come questa contribuiranno non poco a potenziare il numero dei cittadini e dei partiti euroscettici, che già sono in vertiginoso aumento negli ultimi anni.