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Fiorentina: Kurt Hamrin compie 80 anni. Tanti auguri al mitico «Uccellino», 150 gol in viola e mai un’espulsione

FIRENZE – «Vuoi che ti regali la maglia di chi?». Era il 1960: compivo 10 anni, passavo dalla quinta elementare alla

Kurt Hamrin quando giocava nella Fiorentina: 150 gol e 289 presenze
Kurt Hamrin quando giocava nella Fiorentina: 150 gol e 289 presenze

prima media e ricordo lo sguardo pieno di stupore della mia mamma che domandava se aveva capito bene. Sì: volevo la maglia con il numero 7 di Kurt Hamrin, detto Uccellino, ala destra della Fiorentina: il mio idolo. Oggi c’è perfino chi si sposa o va a scuola con una maglia da calcio, ma allora questa moda non c’era. La maglia serviva per giocare e basta. Ma volete mettere la soddisfazione di andare al campo delle Due Strade con quella magica maglia addosso? Un trionfo, la cosa più bella. Perché Hamrin colpiva la fantasia e rappresentava il meglio: scatto, dribbling secco, tiro non irresistibile ma preciso. In campo volava? Più che altro faceva piccoli, rapidissimi passi. E saltellava con le sue magre e veloci gambette. Per questo, Beppe Pegolotti, giornalista de La Nazione che sarebbe poi diventato uno dei miei maestri, gli mise quel nomignolo: Uccellino. Imprendibile e, spesso, implacabile. Capace di segnare ben 150 gol con la maglia viola dei miei sogni in 289 presenze. Era stato il miglior cannoniere assoluto della Fiorentina per una trentina d’anni, fino al Duemila, quando venne superato da Batistuta proprio nella sua ultima partita al Franchi. Paolo Rossi, prima di diventare Pablito, veniva da Prato a Firenze non tanto per la Fiorentina, quanto per vedere lui, Hamrin, e cercare di copiarne le mosse e le astuzie. Alle quali abbinava una correttezza estrema: mai espulso e nemmeno ammonito. Bisognerebbe farlo sapere a tanti campioncini strafottenti e rissosi.

MARIANNA – Quanto tempo è passato! Oggi, 19 novembre, Kurt Hamrin, nato a Stoccolma nel 1934 ma invecchiato a Firenze, compie 80 anni. Insieme a sua moglie Marianna, svedese come lui, sposata nel 1955, è un nonno felice: con cinque figli, otto nipoti e un bisnipote (Gian Mattia Roggi). Dopo il calcio, il vivacissimo Kurt si è dedicato alle assicurazioni, agli affari fra Italia e Svezia, al tennis. Allenatore? Anche no. E’ rimasto un mito in campo, con quella maglia numero 7 e quei passettini micidiali per tutti i terzini sinistri della sua epoca: lo soffriva Giacinto Facchetti dell’Inter, un gigante del ruolo. E lo soffrì anche il mitico Nilton Santos, terzino sinistro del Brasile di Pelè, che vinse la finale mondiale del 1958 proprio a Stoccolma, battendo 5-2 la Svezia. Una grande Svezia! Che aveva come quintetto d’attacco Hamrin, Gren, Nordhal, Liedholm e Skoglund. Quando venne ad allenare la Fiorentina, nei primi anni Settanta, Liedholm raccontava che la Svezia avrebbe potuto battere anche quel fenomenale Brasile, grazie a lui e ad Hamrin, se avesse avuto, nel ruolo di terzino sinistro, un oscuro italiano, il solo capace di marcare lo straordinario Garrincha, numero due di quel Brasile dopo Pelè. Chi? Uno della Spal, certo Bozzao: guarda caso l’unico che, nel campionato italiano, riusciva a tenere a freno Hamrin, marcandolo stretto e impedendogli di fare i passettini capaci di portarlo inesorabilmente in zona gol. Ma la Svezia non aveva Bozzao e perse di brutto. Sì, Kurt ha sempre riconosciuto in Bozzao, che pochissimi avranno sentito nominare, la sua bestia nera. Ma con tutti gli altri difensori era Hamrin l’uomo nero: anzi, il biondino che nessuno riusciva a prendere.

RECORD– Hamrin vive ancora a Firenze, non lontano dallo stadio, in zona Coverciano. Dopo tanto campionato italiano, giocò le ultime partite della carriera, a 38 anni, nell’Ifk di Stoccolma (10 presenze, 5 gol). Ma preferì non restare in patria. Firenze era ormai la sua città. Era arrivato in Italia nel 1956, l’estate del primo scudetto viola. Ma non alla Fiorentina. Dove, all’epoca, il numero 7 lo aveva un altro mito: Julinho. Dalla Svezia – giocava nell’Aik di Stoccolma – Hamrin era stato visto e preso dalla Juve. Un dipendente Fiat lo aveva segnalato all’avvocato Gianni Agnelli. Che lo pagò 15 mila dollari. Ma a Torino non si trovò bene: 23 partite, solo 8 gol e tanti infortuni. Che gli valsero il soprannome di caviglia di vetro. L’avventura juventina finì presto. Anche perchè l’Avvocato aveva messo gli occhi su un tandem che gli piaceva molto: quello composto dall’italo-argentino Omar Sivori e dal gigantesco gallese John Charles. Così Hamrin venne ceduto al Padova di Nereo Rocco, che avrebbe centrato il miglior risultato della sua storia: terzo posto nella stagione 1957-58. Con Hamrin capace di segnare 20 gol in 30 partite. Così, lo volle la Fiorentina, che aveva visto ripartire precocemente Julinho per il Brasile. Firenze era scettica, ma s’innamorò di lui quasi subito. Soprattutto quando gli vide segnare un gol fantastico proprio alla Juve, partendo da centrocampo palla al piede: veloce e preciso come il lampo. Fu gol e vittoria. Era il 1958. Con la Fiorentina vinse una Coppa delle Coppe e un paio di Coppe Italia. Ma tantissime le gioie e i gol. Compreso il record di quelli segnati in trasferta: addirittura 5. Accadde a Bergamo, contro l’Atalanta, il 2 febbraio del 1964: la Fiorentina vinse 7-1.

AUGURI – Hamrin, mai espulso e nemmeno ammonito, giocò a Firenze fino al 1967. Poi lo rivolle Nereo Rocco: questa volta al Milan, con Gianni Rivera, dove avrebbe vinto scudetto e Coppa dei Campioni. Per uno strano destino, Hamrin ha sfiorato i due scudetti viola, ma non è mai diventato campione d’Italia a Firenze. Arrivò in riva all’Arno due anni dopo il primo, quello del 1955-56, e se ne andò un anno prima del secondo, vinto dai viola nella stagione 1968-69. Ma resta un grandissimo: paragonabile, nel cuore di tanti tifosi, e anche di scrive, soltanto a Antognoni. Ma Giancarlo lo conobbi a Coverciano quando avevo già 21 anni (lui 17) e già facevo il giornalista: gli detti uno strappo in ‘500 fino alla stazione. Hamrin è legato al ricordo più antico, a quella maglia numero 7 costata qualche sacrificio alla mia mamma, ma sicuramente uno dei più bei regali di compleanno che abbia mai avuto. Per questo, restando in tema di compleanni, oggi, a distanza di 54 anni, sono strafelice di scrivere: tanti auguri nonno Kurt, per i tuoi magnifici 80 anni.


Bennucci

Sandro Bennucci

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