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Falstaff

Opera di Firenze: c’è attesa per il nuovo «Falstaff» di Mehta e Ronconi

«Falstaff»
Una scena del «Falstaff» diretto da Mehta con la regia di Ronconi

FIRENZE – C’è attesa per il «Falstaff» di Giuseppe Verdi che sta per andare in scena all’Opera di Firenze. I numeri perché sia una bella produzione ci sono tutti. Alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio ci sarà Zubin Mehta come nel 2006, quando pure la regia fu affidata a un nome del calibro di Luca Ronconi. La produzione però è nuova, così come del tutto nuovo è il cast.

Pezzo forte è naturalmente lui, l’«enorme Falstaff» impersonato da Ambrogio Maestri: 160 chilogrammi di presenza scenica e voce decisametne importante, precocissimo specialista del ruolo, che richiede ai cantanti una certa maturazione. A 44 anni è stato Falstaff più di 200 volte, a partire dal 2001. Lo ha cantato con la direzione di Muti, Mehta, Levine, Luisi, Gatti e con le regie di Strehler (il primo, alla Scala), Zeffirelli, Carsen, Martone, Michieletto e ora Ronconi, che mette particolarmente in risalto l’umanità e la solitudine del personaggio, evidenziando il lato serio nell’opera buffa.

Buffo, il «Falstaff» lo è senz’altro. Non ci si stufa mai delle battute di quel libretto sfavillante, frutto maturo della collaborazione fra Verdi e Arrigo Boito su soggetto shakesperiano, dopo la pur bella prova di «Otello». Venne talmente bene, quel libretto, da non sfigurare affatto accanto alla principale fonte di ispirazione («Le allegre comari di Windsor»).

Boito consegnò il testo a Verdi all’inizio del 1890 e il maturo e un po’ disincantato compositore iniziò a musicare l’opera per divertimento (o almeno così dichiarava), libero dalle pressioni di editori e impresari. Nel 1892 licenziò la partitura e il 9 febbraio 1893 ci fu la prima alla Scala di Milano, alla presenza di Carducci, Giacosa, Puccini e Mascagni, tanto per far qualche nome.

Verdi aveva ottant’anni, ma la musica della sua ultima opera è sfavillante e briosa. Non si era più cimentato nel comico dopo l’insuccesso di «Un giorno di regno» (1840), ma sembra che non si sia occupato invece d’altro, a sentire questo raffinatissimo “musical” ante litteram, senza arie tradizionali, con qualche leit-motiv alla Wagner, ma in cui gli aspetti tragici della vita si dissolvono in una risata irrefrenabile e liberatoria (giustappunto l’opera si chiude con una gran fuga sulle parole «Tutto nel mondo è burla …»).

La trama. Windsor, XV secolo. Battibecco all’osteria: il dr. Cajus accusa di furto Sir John Falstaff e i suoi servitori Bardolfo e Pistola, ma viene cacciato. Appurato che la borsa è vuota, Falstaff, convinto di avere del fascino anche in virtù del titolo nobiliare, ha l’idea di spennare due agiate borghesi, Alice Ford e Meg Page, e scrive loro due lettere d’amore identiche, ordinando a Bardolfo e Pistola di recapitarle. Si rifiutano e li caccia via, affidando le missive a un paggio. Mal gliene incoglierà, perché i due spifferano al gelosissimo Ford i progetti dell’ex-padrone. Alice e Meg, amiche, confrontano le lettere ricevute e si accordano con Nannetta Ford, figlia di Alice, e la comare Quickly, per giocare un brutto tiro a Falstaff: Quickly fa da messaggera e combina un incontro a casa di Alice (qui, durante il corteggiamento, cade la famosissima «Quand’ero paggio del Duca di Norfolk»); all’annuncio di una visita inopinata, l’amante mancato sarà nascosto nella cesta del bucato e poi scaricato nel Tamigi che scorre sotto casa. Ma subito dopo Quickly anche Ford, sotto falso nome, va da Falstaff a chiedergli di conquistare Alice da lui amata invano (ma, se un altro fa cadere l’irraggiungibile signora, poi ci sarà posto per tutti…). Falstaff si vanta che è cosa fatta e rivela l’appuntamento. Così Ford rientra davvero, sorprendendo fra l’altro la figlia Nannetta dietro un paravento col giovane Fenton, che ama riamata: ma lui vuole darla a Cajus. Dopo il tuffo nel Tamigi, Falstaff è arrabbiatissimo, ma Quickly lo intorta di nuovo, dando ai servi tutta la colpa dell’incidente e convincendo il panciuto Sir ad andare a un nuovo appuntamento con Alice, stavolta a mezzanotte nel parco reale, dove andrà travestito da cacciatore nero. Nuova burla, cui stavolta partecipa scientemente anche mastro Ford. Una finta tregenda malmena Falstaff, che Alice intrattiene fingendo di cedere lentamente alle sue avances; quand’è ben pesto, Ford lo perdona e vuole approfittare della mascherata, in cui tutti sono camuffati da fate ed elfi, per far sposare Nannetta con Cajus; ma Quickly aveva origliato prima il piano e con le comari aveva scambiato le maschere perché il padre benedicesse la coppia giusta: Nannetta e Fenton, mentre Cajus si ritrova sposato a Bardolfo. Ford non può che fare buon viso a cattivo gioco e partecipare al coro finale con la morale della favola: «Tutto nel mondo è burla … tutti gabbati».

Opera di Firenze (Piazza Vittorio Gui – Viale Fratelli Rosselli, 7)

«Falstaff». Musica di Giuseppe Verdi, libretto di Arrigo Boito (da «Le allegre comari di Windsor» di William Shakespeare»)

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino Direttore: Zubin Mehta, Maestro del coro: Lorenzo Fratini

Regia: Luca Ronconi – Scene: Tiziano Santi – Costumi: Maurizio Millenotti – Disegno luci: A. J. Weissbard

Sir John Falstaff: Ambrogio Maestri / Roberto De Candia (9, 12)
Fenton: Yijie Shi
Ford, marito d’Alice: Roberto De Candia / Alessandro Luongo (2, 4, 9, 12)
Mrs. Alice Ford: Eva Mei
Nannetta, figlia d’Alice: Ekaterina Sadovnikova
Mrs. Quickly: Elena Zilio
Mrs. Meg Page: Laura Polverelli
Bardolfo: Gianluca Sorrentino – Pistola: Mario Luperi – Dr. Cajus: Carlo Bosi

Coproduzione con Fondazione Teatro Petruzzelli di Bari e Fondazione Teatro San Carlo di Napoli

Sabato 29 novembre, ore 20.30
Martedì 2 dicembre, ore 20.30
Giovedì 4 dicembre, ore 20.30
Domenica 7 dicembre, ore 15.30
Martedì 9 dicembre, ore 20.30
Venerdì 12 dicembre, ore 20.30

Guida all’ascolto: 45 minuti prima di ogni recita, nel foyer

Info e biglietti nel sito dell’Opera di Firenze

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