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Corte di Cassazione

Prescrizione dei reati minori, il viceministro Costa: in prevalenza scatta durante le indagini preliminari

Magistrati di Cassazione
Magistrati di Cassazione

ROMA – L’ultimo Consiglio dei Ministri, fra i temi in discussione sulla giustizia, avrebbe dovuto occuparsi anche di prescrizione dei reati considerati minori. Si perché la prescrizione è da tempo oggetto di diatribe fra giuristi e politici e il tema è tornato alla ribalta dopo la sentenza della cassazione che ha applicato la prescrizione al caso Eternit, quello delle morti per amianto di Casale Monferrato. Questa, per i benpensanti, era una sentenza da non rispettare, anche se a nessuno è venuto in mente di pensare, come qualcuno ha suggerito, che la prescrizione è stata applicata perché all’inizio la Procura di Torino aveva utilizzato un capo d’imputazione per reato soggetto a prescrizione più breve. Tant’è vero che per rimediare Guariniello ha intentato un processo bis contro la società. E allora mi è venuta una curiosità: quanti sono i procedimenti estinti per prescrizione in Italia? E se sono molti di chi è la colpa, del legislatore, degli avvocati o dei magistrati?

COSTA – Ricercando su internet ho trovato un articolo del Tempo di Roma che attesta un dato incontrovertibile: la risposta autorevole è arrivata direttamente dal Governo. Il viceministro di Giustizia Enrico Costa nel corso di un convegno delle Camere penali italiane ha rivelato: «Su poco più di un milione e mezzo di casi in dieci anni… i numeri indicano che i decreti di archiviazione per prescrizione emessi dai gip sono stati 1.134.259: il 73% del totale. A questi si aggiungono le 63.892 sentenze di avvenuta prescrizione emesse dai Gup. La quota restante è spalmata tra tribunali (209.576), corti d’appello (131.856), Cassazione (3.293) e giudici di pace (9.559)». Dunque il 70 per cento delle prescrizioni dichiarate negli ultimi dieci anni è avvenuto nella fase preliminare delle indagini, quando né gli avvocati né gli imputati (che in molti casi neanche sanno di esserlo ancora) hanno ricevuto atti concreti. La colpa delle prescrizioni, in pratica, deriva in moltissimi casi dal principio dell’obbligatorietà dell’azione penale che è applicato a totale discrezione del pm, così come il regime delle iscrizioni a registro indagati.

INDAGINI – Il Viceministro ha dichiarato che «Oltre il 70% delle prescrizioni si determina in fase di indagini preliminari. Un’anomalia – ha aggiunto – che non può essere ricondotta ad azioni dilatorie della difesa, ma spesso è legata a un dribbling non dichiarato dell’obbligatorietà dell’azione penale che si traduce in una selezione dei casi da prendere in carico».

GOVERNO – Forse il Governo dovrebbe avere il coraggio di ricordare ai rappresentanti dell’Anm, custodi gelosi dell’autonomia della categoria, che «solo nel 2013 sono state 123.078 – 10mila in più rispetto all’anno precedente – le prescrizioni di reato registrate» e che «anche nel 2013 la maggioranza delle prescrizioni è sopraggiunta durante le indagini preliminari: sono stati infatti 72.110 i decreti di archiviazione del gip». Di fronte a questi numeri, a queste statistiche, a queste considerazioni, che purtroppo non sono diffuse al pubblico e anzi sono ovviamente tenute nascoste dalla magistratura, ci sembra inutile l’intervento, auspicato, dell’abolizione dell’appello o della limitazione estrema dei ricorsi per Cassazione, quando il difetto sta invece nel manico e nell’inizio dell’azione penale.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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