Pensioni: il PD vuole introdurre il divieto di cumulo con redditi da lavoro (incostituzionale)
ROMA – Non c’è pace per le pensioni e per i pensionati. Nel momento in cui siamo tutti alle prese con un mese di scadenze fiscali (Imu, Tasi e Tari sono alle porte), il Governo, come avevamo anticipato due giorni fa, aveva lasciato trapelare l’intenzione d’intervenire sul regime attuale per rimediare ai guasti della riforma Fornero in tema di esodati.
PD – Adesso alcuni senatori Pd hanno presentato una proposta integrativa per rimediare invece a una misura introdotta da questo Governo in tema di penalizzazione per le pensioni anticipate. Il colpo di spugna a questi assegni (che si conseguono con 41-42 anni di contributi ) verrebbe limitato a coloro che maturano cifre inferiori a circa 3500 euro lordi mensili (circa 2400 netti). E per chi percepisce una pensione sopra questa soglia, pari a sette volte il minimo, tornerebbe il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro. Firmatari della proposta sono i senatori Giorgio Tonini , Valeria Fedeli e Claudio Micheloni. Ma il Governo per il momento frena. Ieri il viceministro Enrico Morando ha detto di non prevedere nuovi interventi sulle pensioni.
ANTICIPO – La prima correzione vorrebbe rendere più equa la limitazione, approvata alla Camera, su proposta di Marialuisa Gnecchi, per disincentivare il ritiro anticipato a carico della finanza pubblica di coloro che percepiscono pensioni alte (probabilmente si intendono quelle superiori a 3.500 euro). In pratica per chi intende lasciare il lavoro prima di 62 anni, resta la penalizzazione dell’1% per il primo anno di anticipo e del 2% per i successivi.
CUMULO – Con il secondo intervento, invece, si cerca di porre un limite alle uscite anticipate impedendo il cumulo reddito-pensione. Il divieto scatterebbe abolendo la possibilità (ora completa) di cumulare pensione e qualsiasi reddito da lavoro, anche privato, ad attuali e futuri pensionati quando concorrano tutte e tre le condizioni seguenti: a) avere pensioni liquidate con il sistema retributivo o misto; b) avere pensioni di importo superiore a circa 3500 euro (sette volte il trattamento minimo dell’Istituto nazionale della della previdenza sociale Inps) c) avere un’età inferiore a quella del pensionamento di vecchiaia (66 anni nel 2015).
Sarebbe ammessa una deroga con il pagamento di una sorta di ticket: versare un contributo di solidarietà annuo pari all’importo del 20% della pensione, per ciascun anno nel quale si verifica il cumulo. La proposta è accompagnata da una stima di maggior gettito annuo: 300 milioni che verrebbero utilizzati per incrementare la dote per gli ammortizzatori sociali.
Siamo alla schizofrenia più totale. I rappresentanti di un partito che si ritiene portatore massimo dei valori della democrazia e dell’eguaglianza propongono d’introdurre un divieto (il cumulo) che sarebbe senza dubbio incostituzionale, ma potrebbe essere aggirato con il pagamento di una cospicua solidarietà coatta. Per fortuna sembrano poche le chances per l’approvazione, tanto che lo stesso viceministro all’Economia, Enrico Morando, e poi il relatore della Stabilità, Giorgio Santini (entrambi del Pd) hanno fatto capire che gli emendamenti proposti dai colleghi hanno poche possibilità di essere approvati. Della questione si tratterà comunque nei primi mesi dell’anno prossimo, quando il Governo dovrebbe decidere sulla nuova governance di Inps e Inail. Sta di fatto che Governo e Ds non intendono proprio far passare un fine anno tranquillo ai poveri pensionati.