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Startup: in Italia non decollano. Maglia nera a Lombardia e Toscana. Industriali nostrani ancora … disimpegnati

startup1ROMA – Quando si parla di Startup si pensa subito a una giovane impresa innovativa e si ritiene che sia dovunque in fase di espansione e di decollo. Ma nel nostro Belpaese non è così. . Secondo Federico Barilli, segretario generale di Italia Startup, nel 2014, in Italia, sono state recensite 2.716 startup, mentre erano 1.227 nel 2013. Ma la crisi non risparmia neppure questo settore innovativo che vanta tredicimila addetti e un giro d’affari di 600milioni di euro: una startup su tre cessa le proprie attività dopo meno di quattro anni. Solo da noi le startup non sono un affare? Oppure c’è qualche problema in una classe imprenditoriale che ha sempre preteso tutto senza riuscire a dare niente? Gli industriali italiani (e toscani) di antica generazione, quelli che fecero il boom economico, sembrano lontanissimi da quelli dei nostri giorni. Eppure le difficoltà, per un verso o per l’altro, ci sono sempre state.

RICERCA – Secondo una ricerca condotta dalla Confederazione libere associazioni artigiane italiane (Claai) su dati della Camera di Commercio di Monza e Brianza il 31,3% delle attività imprenditoriali cessate in Italia nel 2014 era nata dopo il 2009.Un fenomeno che riguarda in misura maggiore la Lombardia, dove il 33,7% delle imprese che ha cessato l`attività tra gennaio e settembre di quest’anno era sul mercato da nemmeno 4 anni.

TOSCANA – Anche Emilia Romagna e Toscana presentano dati più alti rispetto alla media, rispettivamente il 33,1% e il 32,8%. Il commercio soffre più del manifatturiero: le “neo-cessate” sono il 34,5% contro il 25,4% dell’industria. Guardando alle imprese manifatturiere, la Toscana è la Regione che registra in misura maggiore la cessazione di imprese neo-nate (negli ultimi 4 anni 34,6%), mentre in Basilicata e nel Molise le giovani imprese resistono di più. Qui ha chiuso solo il 16% delle imprese che si sono iscritte dal 2010 in poi. Resiste la Sardegna, dove le imprese nate negli ultimi 4 anni tengono più che in altre zone d`Italia (26,5%). Più faticoso resistere alle difficoltà dei primi anni di attività e alla crisi in Lombardia e in Umbria: le attività del commercio nate e morte tra 2010 e 2014 rappresentano rispettivamente il 38% e il 38,1% del totale delle chiusure.

ARTIGIANI – «Un quadro desolante che dà la misura di quanto sia arduo realizzare velleità di impresa nel nostro paese», ha rilevato il segretario generale della Claai, Marco Accornero. «A gravare maggiormente sulle startup è il peso fiscale insopportabile, unito soprattutto agli adempimenti burocratici che impegnano risorse ingenti dell’impresa e l’attenzione dell’imprenditore che invece sarebbero andate ad esclusivo interesse dell’attività». Poi si devono aggiungere le difficoltà di accesso al credito che bloccano sul nascere lo sviluppo e gli investimenti, asfissiando di fatto le aziende giovani, ancora poco consolidate». Per Accornero la rapida cessazione di ditte appena costituite rappresenta il rovescio della medaglia di coloro che si “inventano” imprenditori più per necessità che per vocazione: «È il risvolto della drammatica crisi occupazionale che porta chi non trova lavoro o chi l’ha perso a tentare la via dell’attività in proprio, senza valide idee sostenibili e senza un’adeguata preparazione di base».

Considerazione amara, che pone ancora una volta l’accento sulle difficoltà della nostra economia, per le quali il Governo stenta a trovare rimedi.

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