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Camillo Cipriani A5c37d06

Europa, terrorismo: il pericolo dei ‘foreign fighters’ (combattenti stranieri … di ritorno)

Il ministro dell'Interno Alfano sarà il 30 luglio a Prato
Il ministro Angiolino Alfano

Quello dei ‘foreign fighters’ è uno spettro che si aggira per tutta l’Europa, come dimostra l’attacco di ieri a Parigi contro la sede di ‘Charlie Hebdo’, eseguito da due fratelli franco-algerini reduci dal jihad in Siria. Il fenomeno riguarda cittadini con passaporti europei che ingrossano le file delle milizie dello Stato islamico (Is) e che rappresentano una grave minaccia per i paesi occidentali in cui ritornano, addestrati e indottrinati, dopo aver combattuto in Siria e in Iraq.

COORDINATORE UE – Lo scorso settembre il coordinatore europeo contro il terrorismo, Gilles De Kerchove, parlava di “più di tremila europei che si sono uniti ai jihadisti dell’Is in Iraq e Siria”. Poco prima il Financial Times, citando fonti diplomatiche europee, pubblicava un dossier secondo il quale i servizi di intelligence occidentali avrebbero consegnato alle autorità turche una lista di cinquemila persone intenzionate a entrare in Siria attraverso il confine con la Turchia.

ESERCITO – Si tratta insomma di un esercito in continua crescita, le cui reclute arrivano soprattutto da Francia, Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Finlandia, Norvegia, Irlanda e Danimarca. Per le intelligence occidentali è sempre più difficile riuscire a individuarli, visto che il loro avvicinamento al jihad non avviene, come accadeva in passato, attraverso la frequentazione di moschee radicali, poste ormai sotto lo stretto controllo dei servizi di sicurezza.

RECLUTAMENTO – Il reclutamento avviene o in maniera autonoma tramite internet, oppure nelle carceri o tramite canali più sfuggenti come le palestre e altri luoghi di ritrovo al di sopra di ogni sospetto. In questi ambienti si reclutano giovani di origine araba ma non solo, usando la leva della rabbia sociale e della difficile integrazione. L’ingresso in Siria avviene in genere attraverso la Turchia, a lungo accusata dall’Europa di connivenza con i gruppi jihadisti. Di recente Ankara ha rafforzato la sua collaborazione con i paesi occidentali, alle cui intelligence ha consegnato una lista nera di migliaia di persone intenzionate a viaggiare verso la Siria. A metà dello scorso anno la Turchia aveva già espulso almeno 500 europei bloccati sul confine.

TURCHIA – Ma il controllo completo di quella lunga frontiera è quasi impossibile. In tanti riescono a entrare in Siria e, in alcuni casi, a proseguire verso il vicino Iraq. Qui vengono addestrati all’uso delle armi e indottrinati. Vengono promesse loro una remunerazione economica e una sposa ‘a tempo’, scelta tra le volontarie di molti paesi arabi o tra le prigioniere, spesso yazide, curde o appartenenti ad altre minoranze.

ITALIA – «In Italia abbiamo censito 53 foreign fighter: conosciamo la loro identità e sappiamo dove si trovano. Non significa che sono 53 italiani, ma che sono passati dall’Italia in partenza o di ritorno». Lo ha affermato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, parlando del massacro al giornale francese Charlie Hebdo. «Abbiamo pronta una legge per contrastare i foreign fighters: intendiamo colpire chi vuole andare a combattere nei teatri di guerra, non solo i reclutatori, vogliamo imporre un maggiore controllo di polizia su queste persone ed agire anche sul web, usato da chi si radicalizza.»

Speriamo che, oltre a censirli, i nostri servizi d’intelligence, insieme alle Forze dell’ordine, seguano questi individui e li mettano in condizione di non nuocere. Anche uno dei due fratelli che hanno realizzato la strage del Charlie Hebdo era ben conosciuto dalla polizia francese come terrorista jihadista, ma i controlli preventivi non hanno sortito, visti i risultati, l’effetto sperato. Aspetteremo anche noi che qualcuno entri in azione prima d’intervenire? Considerato il buonismo che pervade la massima parte dei nostri politici il rischio purtroppo esiste.

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