Toscana, primarie Pd al veleno. L’accusa di Modica: «I nostri dirigenti sono fuori dalla realtà»
SIENA – Le primarie del Partito democratico per la scelta del candidato alla presidenza della Regione Toscana alle prossime elezioni di maggio sono diventate un campo di battaglia che rischia di lacerare profondamente la formazione politica del premier Matteo Renzi.
Dopo la decisione votata a maggioranza dal plenum del Pd regionale sabato scorso, che stabilisce in 9 mila le firme da raccogliere fra gli iscritti entro il 27 gennaio per presentare candidature alternative a quella di Enrico Rossi, oggi 13 gennaio il candidato (potenziale) dei civatiani, Luciano Modica ha contestato duramente le nuove regole fissate dal partito, definite regole capestro. E ha annunciato ricorsi.
Le 9 mila firme sono infatti pari al 15% del totale degli scritti del partito in Toscana a fine 2013, circa 60 mila. Ma nel 2014 gli iscritti sono diminuiti sensibilmente. In modo tale che, è la critica dei civatiani, se si fosse stabilito di considerare i tesserati dello scorso anno, le firme da raccogliere sarebbero state 5 mila e non, appunto, 9 mila. Con ben 9 mila firme da raccogliere invece i civatiani sono in difficoltà e non sarà facile raggiungere l’obiettivo di presentare ufficialmente la candidatura di Luciano Modica.
«Evidentemente le primarie non sono più un elemento fondativo del Partito Democratico – ha attaccato oggi Modica -, non si pensa più che siano utili a discutere e precisare gli obiettivi politici del prossimo governo regionale, a ravvivare l’entusiasmo e ampliare il consenso. Evidentemente i dirigenti toscani non sono preoccupati dell’enorme calo di iscritti nel 2014 e dell’enorme calo di elettori alle ultime elezioni emiliane».
Il professore dice di voler andare fino in fondo: «Non mollo però. Mi rivolgo a tutti quegli iscritti che credono nella partecipazione, che si riconoscono nei valori dell’onestà e della competenza, che vorrebbero che il Partito Democratico fosse veramente democratico». «In Toscana – afferma Modica – la politica torni ad essere luogo di espressione della città e dei cittadini, anche per il tramite di chi li rappresenta democraticamente. Il vero obiettivo non è fare le riforme ma convincere i cittadini dei loro contenuti. Altrimenti le riforme non attecchiscono e diventano brodo di coltura dell’antipolitica».