Jobs Act, Governo: via libera ai contratti a tutele crescenti, cancellati art. 18 e co.co.pro. Restano i licenziamenti collettivi
ROMA – Il Consiglio dei Ministri ha varato i quattro decreti attuativi fondamentali per la riforma del lavoro. «Oggi è un giorno atteso da molti anni per una parte degli italiani, ma soprattutto atteso da un’intera generazione che ha visto la politica fare la guerra ai precari ma non al precariato», ha detto il premier Matteo Renzi presentando le nuove disposizioni. Viene dato il via libera definitivo al nuovo contratto a tutele crescenti, che scatterà dal primo marzo 2015. E poi l’annuncio dell’eliminazione dell’art. 18 e dei contratti di precariato: «Noi rottamiamo un certo modello di diritto del lavoro e l’art. 18, i cococo ed i cocopro». Restano i licenziamenti collettivi. Ma ecco in dettaglio le principali disposizioni definitivamente approvate:
Contratto a tutele crescenti
Arriva il via libera definitivo al nuovo contratto a tutele crescenti, che scatterà dal primo marzo 2015. Chi assume con questo strumento, godrà di una cospicua decontribuzione a carico dello Stato. Per le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato si limita la possibilità del reintegro del lavoratore, prevedendo invece l’indennizzo economico crescente con l’anzianità di servizio. Il reintegro sarà possibile solo in caso di licenziamento discriminatorio o per licenziamento disciplinare per il quale venga provata l’insussistenza del fatto materiale contestato.
Licenziamenti collettivi e demansionamento
Il governo conferma le nuove regole anche per i licenziamenti collettivi, nonostante il parere contrario delle commissioni parlamentari. Il ragionamento è che i licenziamenti collettivi sono per loro natura economici e quindi oggettivi. Il decreto prevede anche la possibilità di demansionare il lavoratore. Anche se il governo parla di «rimansionamento».
Limitazione dei contratti a progetto e dei co.co.co
L’abolizione dei contratti a progetto e dell’associazione in partecipazione e la rimodulazione delle altre tipologie contrattuali dovrebbero andare in vigore dal 2016. Per quest’anno – da quanto si apprende – sarà ancora possibile stipulare questi contratti mentre anche dopo il 2016 sarà possibile stipulare co.co.pro con accordi sindacali. In Italia ci sono 502 mila co.co.pro.: il loro reddito medio annuo è di 10.218 euro.
Nuovi ammortizzatori
Arrivano nuovi ammortizzatori sociali. Il primo è la «Dis-Coll», cioè l’indennità di disoccupazione per i collaboratori che hanno almeno 3 mesi di versamenti contributi e avrà una durata pari alla metà dei mesi di versamento e potrà arrivare ad un massimo di sei mesi. L’altra novità è la «Naspi», l’assegno di disoccupazione universale, che scatta da maggio e che, rispetto alla Aspi durerà più a lungo. Il sussidio sarà pari alla metà dei periodi contributivi degli ultimi 4 anni, in pratica potrà arrivare al massimo a 24 mesi.
Part time in caso di gravi patologie
In caso di gravi patologie i lavoratori del settore pubblico e privato hanno diritto di trasformare il rapporto di lavoro indeterminato in tempo parziale. Norme simili sono state prese per quanto riguarda il congedo parentale. Il congedo parentale facoltativo pagato il 30% dello stipendio potrà essere fruito fino a sei anni di vita del bambino (ora lo è fino a tre).
Sindacati
Non si sono fatte attendere le reazioni dei sindacati. La Cisl giudica un grave errore mantenere i licenziamenti collettivi. Il giudizio più duro viene naturalmente da Susanna Camusso, Segretaria generale della Cgil: «L’unico risultato sarà quello di aver liberalizzato i licenziamenti, di aver deciso che il rapporto di lavoro invece di essere stabilizzato sia frutto di una monetizzazione crescente. Non credo quindi che questa sia la risposta che si aspetta un Paese che continua ad avere una disoccupazione altissima e che non ha prospettive per i giovani».
Fabrizio
Con il Jobs Act e il contratto a tutele crescenti (che rappresenta una parte – sicuramente importante – ma non è certo tutta la riforma) Renzi dice appunto di fare la guerra al precariato e non ai precari. Certamente, in termini di logica e di ragionamento, può essere inteso così. Ciò che non è facile prevedere è come questa riforma impatterà realmente sul mondo del lavoro negli anni a venire. Da una parte il governo, in questi giorni, sciorina numeri positivi (se riferiti a gennaio e febbraio, in realtà, poco centrano col Jobs Act) affiancato dalle grandi imprese che assicurano assunzioni crescenti nei mesi a venire (e probabilmente per loro sarà così). I Sindacati non sono affatto d’accordo (non lo sono stati sin dall’inizio), portando avanti la tesi che il contratto a tutele crescenti è in realtà una sconfitta per quanto riguarda i diritti dei lavoratori (basandosi sui cambiamenti che riguardano le forme di licenziamento http://www.studiocassone.it/guide/jobs-act/contratto-tutele-crescenti-licenziamento). Io rimango convinto che le conseguenze reali si vedranno a medio/lungo termine e che molto dipenderà dalla ripresa o meno dell’economia nei prossimi mesi. Come al solito sono convinto che saranno le PMI a far ripartire questo Paese, sperando che ciò avvenga.