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Magistrati: come si applica la nuova legge sulla loro responsabilità civile

Corte di Cassazione
Magistrati

La nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati, duramente contestata dalle toghe e dal Consiglio superiore della magistratura, timorosi di un attentato all’indipendenza del potere giudiziario, permetterà ai cittadini di chiedere un risarcimento (stabilito sempre dal giudice) in caso di danno ingiusto subito. Viene chiamato in causa in prima istanza il Governo, che poi dovrà (non più potrà, come in precedenza) rivalersi sul magistrato che ha sbagliato.

RICORSO – La legge prevede che può fare ricorso chi abbia subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento o di un provvedimento di un magistrato esercitato con dolo, colpa grave, ovvero per diniego di giustizia. Quest’ultimo, il diniego di giustizia, scatta quando vi sia un’omissione o un ritardo del magistrato nel compimento di atti dopo che la parte ha presentato istanza e siano decorsi trenta giorni inutilmente e senza giustificato motivo.

PRESIDENZA CONSIGLIO – Il cittadino potrà presentare ricorso al presidente del Consiglio entro 3 anni dal fatto che ha cagionato il danno se in tale termine non si è concluso il grado di giudizio. La presidenza del Consiglio attiverà l’Avvocatura dello Stato per difendersi. E a quel punto si andrà davanti al giudice civile.

TRIBUNALI – I Tribunali civili che saranno competenti a dirimere le controversie terranno ovviamente conto che non può essere considerata degna di risarcimento una normale interpretazione delle norme, né l’ordinaria valutazione del fatto o delle prove. È negligenza inescusabile, invece, il travisamento del fatto o delle prove. Ma dev’essere un travisamento macroscopico ed evidente. Questa circostanza dovrebbe tacitare molti dei timori (strumentali) delle Associazioni dei magistrati.

CONSEGUENZE – Qualora sia accolto il ricorso, e lo Stato sia condannato a pagare un risarcimento al cittadino, lo Stato avrà poi l’obbligo (era una facoltà) di rivalersi sul magistrato che ha sbagliato, ma solo nell’ipotesi di dolo o di negligenza grave. Il magistrato rischia una decurtazione dello stipendio che però non potrà mai eccedere la metà dello stipendio (era un terzo) al netto delle trattenute fiscali. Questo limite non si applica nel caso di dolo; qui l’azione risarcitoria dello Stato potrà essere totale. È previsto in tal caso, ovviamente, anche un procedimento disciplinare nei confronti del giudice.

Tutti i pubblici dipendenti rischiano di dover risarcire i danni per gli atti da loro compiuti, quando questi provochino danni ingiusti ai cittadini. Era dunque un’anomalia l’esclusione dei magistrati, soprattutto dopo che un referendum popolare aveva sancito la volontà della maggioranza degli italiani che anche le toghe rispondessero dei loro atti.

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