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Terrorismo islamico, l’ allarme dei servizi segreti al Parlamento: l’Italia è a rischio attentati

La rivista Dabiq
La rivista Dabiq

ROMA – L’immagine della nera bandiera dell’Isis che sventolava sull’obelisco di piazza San Pietro, nello scorso mese di ottobre, aveva dato impulso alla propaganda della Jihad contro l’occidente: era una forte provocazione del gruppo jihadista tramite la sua rivista “Dabiq”, sulla cui copertina si vedeva proprio la bandiera e sullo sfondo il Vaticano.

ATTACCHI – Ma poi si sono susseguite le minacce sul web e si sono verificati i sanguinosi attacchi terroristici di Parigi e di Copenhagen. “Arriveremo da Sud” dichiarano gli jihadisti sul web. Il pericolo, come sottolineato più volte dal Ministro Alfano, sono i cosiddetti foreign fighters, ma anche i lupi solitari. Gli attentatori di Parigi e Copenhagen erano giovani nati e cresciuti nei Paesi che poi hanno inteso colpire. Non erano giunti con i barconi o con gli aerei. Sono combattenti cresciuti in Occidente, per lo più giovani che non hanno nulla da perdere. Si muovono all’interno dell’Unione senza controlli, a meno che non siano già noti all’intelligence. Per loro le restrizioni che vengono applicate agli extracomunitari non valgono. Schengen, per loro, non esiste.

TERRORISMO – Il pericolo terrorismo è elevato anche in Italia. Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, nella “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza relativa al 2014”, presentata al Parlamento, afferma che: “sebbene a oggi non siano emerse attività o pianificazioni ostili in territorio nazionale riconducibili allo Stato Islamico o a altre formazioni del jihad globale, la minaccia interessa anche l’Italia, potenziale obiettivo di attacchi pure per la sua valenza simbolica di epicentro della cristianità evocata, di fatto, dai reiterati richiami alla conquista di Roma presenti nella propaganda jihadista”.

FOREIGN FIGHTERS – “Il fenomeno dei foreign fighters ha assunto nel 2014 dimensioni del tutto inedite, facendo ipotizzare che siano “almeno 3mila i mujahidin partiti dalla sola Europa, di cui oltre 500 provenienti dalla regione balcanica, dove operano diverse e strutturate filiere di instradamento dei volontari”. I foreign fighters di matrice europea presentano il profilo tatticamente più valido grazie alla loro capacità di mimetizzazione. Facilità di spostamento all’interno dello spazio Schengen. Utili contatti di base in Europa che possano fungere da liaison con i gruppi armati attivi nelle aree di crisi. Le numerose operazioni di polizia condotte in Europa e il monitoraggio dell’intelligence indicano “come lo spazio comunitario risulti permeabile alle attività di proselitismo e reclutamento. Si moltiplicano i segnali di cooptazione ideologica di aspiranti mujahidin, incoraggiati a raggiungere in massa, famiglie al seguito, la nuova patria per contribuire all’opera di state building”. E a tal fine è probabile l’utilizzo anche delle donne.

CELLULE AUTONOME – Per i servizi di intelligence italiani è di assoluta priorità intervenire sul “rischio di cellule terroristiche autonome composte da soggetti radicalizzati di varia estrazione e provenienza, intenzionati ad impiantare filiere radicali o a condurre attacchi in Europa”.

Si tratta di un allarme da non sottovalutare, che il premier Renzi e il ministro Alfano mostrano di aver preso in seria considerazione. Ma si tratta di una battaglia che va combattuta unitariamente dall’intera collettività internazionale e soprattutto da quelle comunità di arabi moderati che, a parole, dichiarano di essere contrarie all’islam radicale ma che, in concreto, non hanno ancora fatto nulla per opporsi all’avanzata dell’Isis e dei suoi accoliti. Che nel frattempo guadagnano terreno, spazio e credibilità fra le migliaia di giovani dei paesi del fronte del Mediterraneo. Per noi vuol dire, se ancora non lo avessimo ben compreso, avere il nemico alle porte.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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