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Salvini: «Renzi servo sciocco di Bruxelles». Ma la sinistra resta il suo sponsor migliore

Matteo Salvini
Matteo Salvini al comizio in piazza del Popolo a Roma

Matteo Salvini deve una buona parte della sua attuale crescita di consensi a uno sponsor d’eccezione: la contestazione di piazza degli attivisti di sinistra. Che puntualmente – storicamente dovremmo dire – quando c’è un avversario scomodo gioca la carta della delegittimazione. Ieri 27 e oggi 28 febbraio a Roma, in occasione del «Salvini day» a piazza del Popolo, giovedì scorso prima nel Mugello e poi a Bagno a Ripoli, durante un tour elettorale del segretario leghista.

Una giornata, quella romana di oggi, dove durante il comizio (seguito da circa 50 mila persone) non sono mancati alcuni «vaffa» quasi in stile grillino all’indirizzo dell’altro Matteo (Renzi) considerato «servo sciocco di Bruxelles», ma anche ad Alfano e alla Fornero. Salvini ironicamente frena: «Perché ogni volta che dico Renzi dite vaffanculo, poi si offende e inventa una tassa anche sul vaffanculo, magari del 3% più Iva». Come pure toni forti in tema di sicurezza: «non esiste l’eccesso di legittima difesa» ha detto Salvini che, rivolto all’ipotetico rapinatore che entra in una casa, ha detto «sappi che se entri in piedi, potresti uscirne steso. Resta a casa tua e non ti succede niente».

Un personaggio scomodo il Salvini 2015, contro il quale certi avversari, specie da sinistra, si stanno attrezzando. Un sistema che viene da lontano. Ci hanno provato negli anni 60’-70’ (chi ha capelli bianchi e buona memoria se lo ricorda) quando gruppi di cosiddetti «estremisti di sinistra» impedivano l’accesso ai comizi di destra del segretario del Msi Giorgio Almirante: succedeva anche a Firenze, in via Calzaiuoli, via Strozzi e strade adiacenti. Ci hanno riprovato, in maniera meno violenta ma più sistematica, con Silvio Berlusconi riuscendosi solo dopo circa 20 anni (ma non è ancora detta l’ultima parola) delegittimandolo e facendo dell’antiberlusconismo uno dei pochi collanti veri del centro sinistra. Senza rendersi conto che, almeno per un certo tempo, hanno fatto il suo gioco anziché il loro.

Ora che all’orizzonte si profila un Matteo Salvini, contrapposto all’altro Matteo (Renzi), che potrebbe raccogliere non solo parte dello scontento generale ma portar via consensi in casa d’altri, ecco tornare nuovamente in piazza le «milizie» dell’attivismo di sinistra. A Roma è stato schierato un vero e proprio esercito di poliziotti, carabinieri e finanzieri per tutelare la manifestazione di oggi.

Lo stesso ministro dell’Interno Alfano, parlando più da politico che da membro del governo, precisa: «Nulla condivido di quello che dice Salvini, ma il suo diritto a manifestare è sacro perché è un pezzo importante della democrazia italiana, quindi proteggeremo il suo diritto a manifestare con l’impiego di 4 mila uomini delle forze dell’ordine». Che intanto ieri sera 27 febbraio hanno dovuto fronteggiare scontri a Piazzale Flaminio, dove i manifestanti del «Mai con Salvini» hanno bloccato la circolazione stradale lanciando diverse bombe carta e bottiglie verso gli agenti che presidiavano l’ingresso a piazza del Popolo. Quanti voti ha portato a Salvini tutto questo è presto per dirlo, ma è facile pensare che siano più di quelli a suo sfavore. E oggi altrettanto impegno delle forze dell’ordine a controllare il concomitante corteo dei «No Salvini» da Piazza Vittorio fino a Campo de’ Fiori transitando per piazza Venezia. In una Roma blindata, mentre il leader leghista parlava in piazza del Popolo.

Stessa scena, in formato naturalmente ridotto alla situazione locale, giovedì 26 febbraio in Mugello, dove il segretario leghista ha tenuto incontri con iscritti e simpatizzanti per presentare il candidato leghista alla presidenza della Regione Toscana Claudio Borghi. Piccoli gruppi di contestatori a Barberino e a Borgo San Lorenzo. Poi la sera una settantina a Bagno a Ripoli davanti alla biblioteca che ospitava il dibattito con Salvini. A fronteggiarli c’erano 150 tra carabinieri e poliziotti: «Una follia» ha detto Salvini alla fine.

Non era mancato anche un «avvertimento» ai gestori di due bar del posto presso i quali si doveva tenere un aperitivo organizzato dalla Lega e a cui era stato fatto capire che Salvini non era un «ospite gradito» da queste parti della Toscana.

Pare che i due gestori non abbiano presentato denuncia per minacce, ma tutto è bastato per far saltare gli appuntamenti. Con la soddisfazione del Governatore della Toscana, Enrico Rossi, che tempestivamente su Twitter si è complimentato per il #senzaperitivo di Bagno a Ripoli che «ricorda ai più maturi un certo Almirante a Cantagallo». Era il giugno 1973 e i baristi del famoso autogrill dell’A1 vicino a Bologna scesero improvvisamente in sciopero davanti al segretario del Msi che aveva ordinato un caffè. Almirante andò via senza discutere, ma in cambio quell’episodio gli fece incassare più simpatie che dissensi. Ma questo, forse, il governatore Rossi l’ha dimenticato.


Sandro Addario

Giornalista

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