Lavoro: dal 2008 persi quasi 5 milioni di posti. Renzi si aggrappa al Jobs Act
Preoccupa ancora la disoccupazione molto alta. L’Istat certifica che dal 2008 al 2014 sono stati persi in media 811.000 posti di lavoro l’anno, in totale quasi cinque milioni di posti svaniti.
RENZI – Ma il premier Matteo Renzi non perde il suo ottimismo e chiede fiducia nelle sue riforme. Quest’anno ci saranno «molte più assunzioni che licenziamenti: sono pronto a scommetterlo e molto dipenderà dal Jobs act che rende molto più semplice assumere». Il premier Matteo Renzi commenta così l’entrata in vigore di parte della riforma del lavoro. «È una grande rivoluzione perché porterà finalmente l’Italia fuori dalle secche della disoccupazione». Dal 7 marzo infatti è entrato in vigore il nuovo regime del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.
SINDACATI – I sindacati non scommettono invece sugli effetti taumaturgici del nuovo metodo. Il segretario della Uil Carmelo Barbagallo avverte che «sarà più facile ridurre le tutele dei lavoratori e licenziare: questa è l’unica certezza. Oggi inizia una nuova fase di insicurezza dell’era 2.0». Serve «rispetto» per il «movimento sindacale», dichiara Susanna Camusso.
ISTAT – Ma i dati Istat, come abbiamo rilevato, non sono incoraggianti. La diminuzione citata si è sviluppata con grandi differenze a livello territoriale: il Sud ha perso 576.000 posti di lavoro, pari al 70% del calo complessivo mentre il Nord ne ha persi 284.000. Il Centro ha guadagnato 48.000 occupati. Il Sud ha perso l’8,9% dei suoi occupati (-3,5% la media in Italia). L’occupazione complessiva in Italia in media annua è diminuita tra il 2008 e il 2014 del 3,5%, ma se al Nord si è perso il 2,38% e al Centro si è registrato un piccolo incremento (+1%), il Mezzogiorno ha perso quasi l’8,9 degli occupati dell’area (da 6.432.000 a 5.856.000). Anche l’ultimo anno che in media in Italia ha registrato un aumento di 88.000 occupati ha visto il Meridione ancora in difficoltà con 45.000 occupati in meno. Il tasso di occupazione nell’area è diminuito tra il 2008 e il 2014 dal 46% al 41,8% a fronte del tasso medio italiano passato dal 58,6% al 55,7% e quello del Nord passato dal 66,9% al 64,3%. Se nel Trentino il tasso di occupazione è rimasto pressochè stabile (passato dal 68,5% al 68,3%) in Campania è passato dal 42,4% al 39,2% (appena il 27,5% nel 2014 tra le donne).
INVECCHIAMENTO – Nello stesso periodo il mercato del lavoro è invecchiato con oltre 1,1 milioni di over 55 occupati in più e quasi due milioni di under 35 in meno: i più giovani sono passati da quasi sette a cinque milioni mentre gli over 55 sono passati da 2,8 milioni a 3,9. Nella fascia tra i 25 e i 34 anni, quella nella quale in genere si è concluso il percorso formativo si entra nel mondo del lavoro, si sono persi 1,4 milioni di occupati. Se quindi nel 2008 le persone tra 25 e i 34 anni erano il doppio degli over 55 (5,5 milioni di persone a fronte di 2,8 milioni di lavoratori anziani) nel 2014 le due fasce di età nel mondo del lavoro si equivalevano con 4,1 milioni di `giovani adulti´ e 3.977.000 occupati nati prima del 1959. Il trend è legato alla crisi economica ma anche alle riforme delle pensioni che si sono succedute in questi anni che di fatto hanno bloccato il turn over nelle aziende e nella pubblica amministrazione. Nell’ultimo anno si è registrato un boom di lavoratori over 55 con 320.000 unità in più al lavoro.
STRANIERI – Ma c’è un altro fattore caratteristico registrato dal mercato del lavoro nel periodo considerato: l’aumento della componente straniera. Tra il 2008 e il 2014 si registrano 604.000 occupati stranieri in più (da 1.690.000 a 2.294.000). Gli stranieri si concentrano al Nord (1.355.000) mentre al Sud sono appena 323.000 (ma in crescita di 130.000 unità rispetto al 2008). La spiegazione è semplice: chi arriva dal Sud del mondo si accontenta di paghe basse e di condizioni di lavoro anche più difficili. Gli italiani, giustamente, chiedono il rispetto dei contratti e dei diritti. E un Paese che vuol progredire deve dare qualità anche al lavoro.