Pensioni: lettera aperta a Matteo Renzi del presidente dell’unione pensionati
Papa Francesco, nel discorso pronunciato nell’ udienza generale dedicata agli anziani del 4 marzo 2015 ha detto : «Una civiltà è tale se c’è attenzione per l’anziano, se c’è posto per lui. E questa società andrà avanti se rispetta la saggezza, la sapienza. Ma se per gli anziani non c’è posto, se sono scartati, perché creano problemi, la società porta con sé il virus della morte».
Renzi, Boeri e molti membri del Governo sembrano pensarla diversamente, tanto che non passa giorno che non esca un’anticipazione sui sacrifici che i pensionati, soprattutto quelli d’oro, debbono sopportare per riequilibrare il sistema e consentire ai giovani di avere un futuro sereno. Già, ma i soli a fare sacrifici in questo senso sembrano dover essere i pensionati, soprattutto i più ricchi, mentre politici, industriali, lavoratori, finanzieri, commercianti sembrerebbero esenti da quest’obbligo sociale. FirenzePost ha più volte stigmatizzato questi propositi, ricordando che la Corte Costituzionale ha già stabilito che i contributi di solidarietà imposti dai governi precedenti sono incostituzionali e che le risorse per provvedere al riequilibrio pensionistico vanno attinte dalla tassazione generale, alla quale tutti debbono (o dovrebbero) contribuire in ragione dei loro redditi complessivi. I pensionati in fondo chiedono soltanto di poter godere del frutto di quanto da loro stessi versato in 40 anni di vita lavorativa e di non essere continuamente soggetti a minacce di decurtazioni o ulteriori sacrifici da parte di politici e amministratori.
Proprio su questi temi e per queste ragioni l’ Unione Nazionale Pensionati per l’Italia (Unpit) ha ritenuto, giustamente, d’inviare a Renzi una lettera aperta, il cui testo riportiamo qui di seguito in corsivo:
«Signor Presidente, i Cittadini che sono in pensione dopo 35/40 anni di lavoro, di tasse e di contributi versati si rivolgono a Lei per chiederLe una cosa che in un qualsiasi Paese civile sarebbe scontata ma che purtroppo scontata non è nella nostra amatissima e civilissima Italia: il diritto a non essere tormentati quotidianamente da politici ed amministratori perennemente alla ricerca di sanare i conti pubblici senza andare a toccare i poteri forti, le caste e i relativi privilegi.
Questo continuo attacco alla popolazione più anziana e debole, che peraltro rappresenta per figli e nipoti l’ultimo vero welfare rimasto, è talmente evidente che il Papa in persona ha sentito la necessità di pronunciare le parole che abbiamo riportato in apertura di questa lettera.
E’ vergognoso, Signor Presidente, che quei politici e quegli amministratori che investono gran parte del loro impegno nel cercare di togliere ai pensionati una cospicua parte dei frutti di quanto essi hanno costruito durante la loro vita lavorativa, non si siano fatti scrupolo, pur di raggiungere i loro obiettivi, di mettere i figli contro i genitori e i nipoti contro i nonni.
Mai da parte di quei signori anche il più piccolo accenno a ridurre i propri emolumenti, i propri vitalizi e i privilegi di ogni genere, spesso assurdi e fuori dal tempo come quelli che assicurano il mantenimento vita natural durante di sedi, scorte ed auto a chi pro tempore ha ricoperto incarichi politici di alto livello.
Se la Patria ha bisogno nessuno si tira indietro, Signor Presidente, ma prima di arrivare a chiedere soldi agli anziani, alla parte debole della popolazione, si abbia il coraggio di prenderli dal malaffare, dalla corruzione, dall’evasione e dall’elusione fiscale, dagli sprechi di ogni genere, dall’eliminazione degli enti inutili e delle consulenze inutili, dai privilegi assurdi che frotte di governanti si sono autoapprovati negli anni, quasi sempre con votazioni all’unanimità mentre negli show tv “litigavano” sulle cose che riguardavano gli altri cittadini, quelli non appartenenti alle varie caste.
E, sempre se la Patria ha bisogno, Signor Presidente, perché a decurtare i propri emolumenti dovrebbero essere solo i pensionati, come chiedono quei politici e quegli amministratori, e non tutti i cittadini, compresi dunque anche coloro che pensionati non sono? La Costituzione (artt. 3 e 53) non è forse molto chiara in tal senso?
Signor Presidente, da un po’ di tempo persone del Suo Governo e persone da Lei volute in posti di grande responsabilità nell’amministrazione pubblica, se ne escono ormai quasi quotidianamente in dichiarazioni che hanno tutte un comune denominatore: trovare il modo di ridurre ulteriormente le pensioni in essere. Non contenti evidentemente del fatto che queste hanno già perso il 33% del loro potere d’acquisto negli ultimi anni a causa dei vari blocchi della perequazione, dei prelievi di solidarietà e dei tetti al superamento di certi importi messi lì apposta per venire incontro ai meno abbienti.
Qualche mese fa Lei tranquillizzò i Cittadini in pensione affermando che “i soldi che servono allo Stato devono essere recuperati là dove ancora nessuno è andato, che a pagare ora devono essere altri e non più chi ha già dato”.
Forse quei Suoi collaboratori non sentirono quelle Sue affermazioni. Le saremmo dunque molto grati, Signor Presidente, se Lei le ripetesse pubblicamente a loro e a tutti noi anziani. La ringraziamo.»
Il Movimento Unione Nazionale Pensionati per l’Italia (Unpit) a nome di tutti i Cittadini in pensione che si riconoscono in questo appello.
Parole sacrosante che sottoscriviamo in pieno, in attesa di una risposta e di una autorevole assicurazione, magari anche via twitter, del nostro cinguettante primo ministro, purché non ci dica soltanto: #state sereni.