Sicurezza: c’è chi vuole la «targa» sul casco degli agenti in servizio di ordine pubblico
Come nel ’68, la sinistra interviene nell’azione delle Forze dell’ordine. Diverse le proposte: Sel, Pd e grìllini mirano a schedare poliziotti e carabinieri. Dal 17 marzo, in Parlamento, sarà discussione su un disegno di legge per l’individuazione degli agenti, con l’apposizione di numeri sui caschi. Tutti assicurano: «Non è una norma punitiva». Ma il titolo del disegno di legge è significativo: «Legge contro gli abusi delle persone in divisa». Che pone regole per l`identificazione di ogni singolo agente durante le manifestazioni, attraverso un «numeretto» sul casco, una sorta di «targa» piazzata in testa ai poliziotti e carabinieri che fanno servizio di ordine pubblico, in occasione di proteste e cortei.
SEL – Il relatore di uno dei testi del provvedimento, Peppe De Cristofaro (Sel), afferma: «so che il ddl sta incontrando qualche resistenza all`intemo della maggioranza di governo. Mi auguro che non sia cosi». Assieme al disegno di legge di De Cristofaro in commissione Affari costituzionali ne sono stati depositati altri tre, quello dell’esponente del Pd Luigi Manconi, e quelli di matrice grillina, presentati da Marco Scibona e Lorenzo Rallista.
CENTRODESTRA – Sono ovviamente contrari alcuni esponenti di centrodestra, che evidenziano il rischio di ritorsioni o intimidazioni per gli agenti e, al limite, il tentativo di schedare i poliziotti. Per il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (FI) il provvedimento è «un’assurdità colossale, da stroncare immediatamente».
DDL – Il disegno di legge, di 7 articoli, prevede all’art. 3 che «i funzionari di pubblica sicurezza responsabili della direzione delle operazioni di ordine pubblico, anche se indossano la prevista uniforme, devono sempre portare la fascia tricolore o un altro evidente segno distintivo»; mentre all’art. 4 viene sancito che «il casco di protezione indossato dal personale delle forze di polizia, deve riportare sui due lati e sulla parte posteriore una sigla che consenta l’identificazione dell’operatore che lo indossa». Seguono altre prescrizioni limitative dell’azione di poliziotti e carabinieri. È ben vero che, come sostengono i presentatori, disposizioni di questi tipo sono in vigore in altri paesi europei, ma proprio in quei paesi chi attacca, ferisce o colpisce un poliziotto è punito severamente dalle leggi e dalla magistratura, mentre da noi è considerato quasi un eroe.
ALFANO – Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, si è detto contrario alla proposta di rendere identificabili gli agenti: «Che facciamo, vogliamo fargli bussare a casa?».
SINDACATI – Contrari, ovviamente, i sindacati di polizia. Gianni Tonelli, Segretario generale del Sap, non usa mezzi termini. Alla domanda se vi sia un disegno politico dietro questa proposta risponde senza peli sulla lingua: «Certo che c`è, ed è chiarissimo. Il sistema che difendiamo non ci ricambia, anzi ci avversa in ogni modo. Cari parlamentari, se continuate in questo senso siete dei mascalzoni in mala fede. Abbiamo chiesto mille volte ascolto al Governo, al solito senza risultati». Le riprese televisive e le spy-pen in dotazione alle Forze dell’ordine sarebbero, secondo il sindacalista, sufficienti per documentare gli avvenimenti, per non parlare dei telefonini con i quali i manifestanti mettono in rete le immagini che servono alla loro causa. Tonelli teme «il rischio di un’accusa infamante come quella che facilmente potrebbe nascere dall’errata trascrizione di un codice. Che sistema è quello che non difende i propri paladini?».