Spending review, ecco il rapporto di Cottarelli: prevedeva 7 miliardi di risparmi subito. Anche dalla politica
ROMA – «Licenziamenti per gli statali e scure sui costi della politica». Erano due dei provvedimenti previsti dalla spending review di Cottarelli. Dopo oltre un anno, e dopo vaghe dichiarazioni e promesse, il governo ha finalmente reso disponibili i testi in formato Pdf sul sito della spending review.
TABELLE – Vi si trovano analisi e tabelle, ma anche numerose proposte operative, più o meno dettagliate. Si passa dai tagli alla politica, il cui possibile importo è stimato in 700 milioni, alla stretta sui licenziamenti nella pubblica amministrazione, che dovrebbero comportare l’abolizione del trattenimento in servizio e che in parte potrebbero servire a rafforzare le misure già in atto, come nel il caso della mobilità volontaria e involontaria. Il capitolo forse più delicato è quello relativo ai licenziamenti dei dipendenti pubblici, in particolare per scarso rendimento: nel testo viene segnalato che «il problema vero è la ritrosia del management a ricorrervi». In parte le indicazioni sono state raccolte in successivi provvedimenti legislativi, su altre è lecito domandarsi se siano destinate a restare sulla carta o se invece il governo vorrà farle proprie.
RISPARMI – Solo mettendo insieme le voci principali, pur tenendo conto che qualche provvedimento è stato in parte avviato (ad esempio in materia di pubblico impiego) si arriva a 6-7 miliardi di risparmi. Partendo, ad esempio, dai 2-3 miliardi che potrebbero arrivare dal piano di razionalizzazione delle società partecipate, dagli 1,8 miliardi indicati come risultato massimo per ulteriori revisioni al meccanismo di acquisto di beni e servizi, dai 300 milioni di possibili risparmi sulle locazioni degli uffici dello Stato, a cui se ne aggiungono 250 per i costi di gestione, ai 700 legati ai costi della politica e poi ancora 136 dalle Regioni, 41 dal ministero della Giustizia (metà dei quali realizzabili attraverso la gara unica per le intercettazioni) più una serie di altre voci.
ENTI LOCALI – Ma ci sono indicazioni anche per razionalizzare la spesa degli enti locali. Per esempio per determinare la spesa dei Comuni, ai quali dovrebbero essere applicati parametri standard come confermato in questi giorni dallo stesso Gutgeld, successore di Cottarelli. Nello specifico documento del gruppo di lavoro sono contenute informazioni sui concreti comportamenti di spesa delle municipalità, che evidenziano notevoli differenze sia geografiche sia relative alla dimensione dell’ente locale.
VOCI – Guardiamo alcune voci. Per assicurare un veicolo comunale si spendono in media 411 euro in Basilicata e 526 in Umbria, ma ben 994 in Toscana, 1.144 nel Lazio e addirittura 1.338 in Campania. Una variabilità un po’ meno pronunciata ma comunque rilevante si trova alla voce costo del carburante; qui si va dai 5224 della Liguria ai 1042 del Piemonte, con la Toscana fra le prima a 1429. Nel testo si osserva che probabilmente questi valori, prevalentemente applicati alle vetture della polizia locale, riflettono le classi di rischio valide per il settore privato. Viene ipotizzato quindi un intervento normativo che spinga le compagnie assicurative a fare un prezzo diverso per il pubblico e d’altra parte impedisca agli enti di acquistare prodotti più articolati ma non necessari (tipo Kasko). Le spese per le pulizie: il costo a metro quadro su base annua è sotto i cinque euro in Regioni come Umbria, Marche e Molise, sale a 5,5 per la Toscana, ma supera i 10 in Abruzzo. Un altro caso interessante è quello dell’illuminazione pubblica. Gli esperti di Cottarelli notano che il costo dovrebbe essere regolato da una tariffa nazionale fissata dall’Authority, che a inizio 2014 si collocava al di sotto dei 18 centesimi per Kwh. Ma dalle rilevazioni nei Comuni emerge che quasi sempre il valore è superiore ai 23 centesimi, dunque il 30 per cento in più. Inoltre il costo calcolato per punto luce evidenzia una variabilità ancora maggiore: si va dai 100 agli oltre 300 euro a punto luce: in Toscana si spende 131 euro a punto luce, mentre in Lombardia si raggiungono i 329 euro. Insomma i margini di intervento sarebbero ampi, anche se l’applicazione dei costì standard è un processo che per sua natura non può dare risultati di cassa immediati.
COSTI POLITICA – Inoltre i costi della politica a cui è dedicato un corposo documento. Vengono ipotizzati tagli per 700 milioni, ma soprattutto nel documento si leggono frasi come questa: «Restano misteriosi e non accessibili molti dei flussi finanziari che rappresentano forme diverse di finanziamento del sistema della politica nel nostro Paese». Interessante il capitolo dedicato ai costi degli enti locali, per i quali si propongono interventi di semplificazione e accorpamento. Per i Comuni la proposta comporterebbe risparmi dell’ordine di 255 milioni di euro all’anno di cui almeno 158 ottenibili in tempi rapidi. Dato che la spesa complessiva per i costi della politica per questo ente di governo è stimata attorno al miliardo e cento quaranta milioni, ciò rappresenterebbe un risparmio a regime di circa il 22%. Nel caso delle regioni l’adozione delle proposte contenute nel rapporto comporterebbe risparmi dell’ordine di 360 milioni di euro annui, di cui almeno 110 nell’immediato.
PARTITI – Infine i costi e i finanziamenti ai partiti. La Legge n. 96/2012, emanata sotto il Governo Letta, è intervenuta in maniera sistematica sulla disciplina sino ad allora vigente riducendone drasticamente,ma progressivamente l’ammontare. Restano però i rimborsi elettorali che nel corso di dieci anni ammontano in totale a due miliardi di euro. Al finanziamento diretto vanno aggiunti i finanziamenti erogati dallo Stato agli organi di comunicazione dei partiti (giornali e radio): tra il 1993 e il 2012, infatti, quasi 330 milioni di euro sarebbero stati spesi per sovvenzionare 25 testate legate ad altrettanti movimenti politici. Per quanto riguarda le radio “organo di partito o movimento politico”, dal 2003 al 2012 sono stati assegnati oltre 90 milioni a sole sei emittenti radiofoniche.
PROPOSTA – Infine la proposta metodologica complessiva per porre un argine alla spesa pubblica, attraverso la fissazione di vincoli istituzionali per quest’ultima. Molti paesi hanno introdotto tetti di medio periodo alla spesa pubblica (medium term expenditure frameworks). Questi tetti, giuridicamente vincolanti, potrebbero essere introdotti come parte del Documento di Economia e Finanza (DEF). Con l’esclusione di certe spese (per esempio, CIG o spese per catastrofi naturali) il tetto comporterebbe che ogni nuova spesa deve essere compensata da una riduzione di altre spese. Questo principio—da definire ulteriormente in termini più specifici— si applicherebbe sia alla Legge di Stabilità, e relativi emendamenti, che ad ogni altra legge comportante nuove spese. Ovviamente sia a livello centrale che locale. Inoltre il rapporto auspica la piena introduzione del performance budgeting con identificazione di indicatori di risultato per programmi e responsabilizzazione dei dirigenti pubblici.
Questo il quadro principale delle proposte che i gruppi di lavoro appositi e il Commissario Cottarelli hanno lasciato in eredità all’attuale governo. Naturalmente ci sarebbero molti altri aspetti del rapporto e ulteriori proposte e osservazioni da sottolineare. Chi volesse può agevolmente farlo, consultando le migliaia di pagine e tabelle pubblicati sul sito della spending review.
Qualcosa è già stato fatto, ma molto resta da fare, e nel frattempo la spesa pubblica, per alcuni versanti, è continuata ad aumentare. Arrestiamo questa tendenza prima che sia troppo tardi e non rendiamo vano il mastodontico lavoro del Commissario e della sua équipe. Renzi e i suoi ministri dovrebbero dunque rimboccarsi le maniche su questo versante con assoluta priorità.