Province: un pozzo infinito. Per sistemare il personale occorrono altri 300 milioni
ROMA – Dopo l’approvazione delle tabelle di equiparazione che consentiranno di inquadrare il lavoratore nella nuova amministrazione con una retribuzione identica a quella di provenienza l’operazione mobilità per le Province, dal lato del governo, potrebbe partire. Ma in realtà tutto è bloccato dai ritardi consueti di quasi tutte le regioni che ancora non hanno emanato le leggi di competenza e che hanno ingaggiato un braccio di ferro con il governo sulla sorte dei 20 mila dipendenti che, in base alla riforma Delrio e alla legge di Stabilità, dovrebbero lasciare l’incarico per essere trasferiti ad altro impiego pubblico.
DIPENDENTI – In realtà la questione riguarderebbe ‘soltanto’ 15 mila persone perché per 5 mila soggetti, nel biennio 2015-2016, è già previsto il pensionamento. Lo schema prevede che 8 mila lavoratori vengano assorbiti dai centri per l’impiego e che gli altri dipendenti vengano smistati tra polizia provinciale, uffici giudiziali e centri dell’Anas. Il problema che divide Palazzo Chigi e le regioni (alle quali spetta il compito di indicare la ricollocazione dei lavoratori) sono ovviamente i quattrini. Si perché le regioni, non contente di tutto quello che dilapidano e hanno dilapidato, tornano a bussare alle casse del governo, così come hanno fatto già le città metropolitane. In barba ai risparmi promessi da Renzi con le riforme (ancora inattuate) in questo settore.
RIDUZIONE – I governatori fanno notare che con i tagli di spesa le province hanno visto ridursi di un miliardo i trasferimenti e che nei prossimi due anni l’ammontare salirà a 3 miliardi di euro. Con la conseguente difficoltà di pagare i dipendenti. L`8, il 9 e il 14 aprile governo e regioni terranno una serie di incontri per fare il punto sulla situazione ma il clima è molto leso. «Ho già detto in tempi non sospetti che la Delrio è una legge fallita e ora ci tocca gestire questo fallimento. A questo punto è importante che sul personale delle province lo Stato faccia la sua parte» ha dichiarato il coordinatore degli assessori alle finanze della conferenza delle regioni, Massimo Garavaglia. «I centri per l’impiego e la polizia locale lo Stato li ha voluti mettere sotto il suo potere e quindi ora ha il dovere di garantire queste 9-10 mila persone che dovrebbero andare a lavorare in quelle strutture».
MILIONI – Sarebbero necessari circa 300 milioni di euro per garantire lo stipendio di questi lavoratori. Il presidente della Conferenza delle regioni, Sergio Chiamparino, ha chiarito che «la necessità di disponibilità economiche è emersa nel corso dei lavori degli osservatori regionali e territoriali che si sono riuniti per dare risposte sul capitolo del personale delle province». E secondo Chiamparino è importante che tra governo e regioni che non si attui il gioco del cerino, ma si arrivi a una soluzione condivisa.
Soluzione che, come al solito, graverà sulle tasche dei contribuenti. Che già sono oppressi da un macigno pari al 50,3% e non gradirebbero certo un ulteriore aggravio per le gestioni allegre di Stato e enti territoriali. In barba alle promesse di Renzi di diminuire la tassazione. Intanto, in attesa che si risolva la disfida tra Stato e regioni, i sindacati hanno confermato lo sciopero del personale per l’11 aprile.
Pierluigi
Le grandi riforme si rivelano agli effetti le riforme del Kaiser, tanto per mantenersi in linea con la nazionalizzazioni degli anni ’60 del secolo scorso.Tutto fumo negli occhi e basta (come la bici elettrica del nuovo ministro delle infrastrutture)