Prefetti contro il Governo. E c’è un precedente …
La protesta dei prefetti (hanno clamorosamente rifiutato d’incontrare il loro ministro) ha un precedente che risale a cinque anni or sono, quando ero prefetto di Torino e anch’io fui protagonista di una manifestazione che fece scalpore. A fine 2010, oltre 100 prefetti di tutt’Italia si riunirono al teatro Capranica, a Roma, per dire no ai tagli indiscriminati e ai tentativi, più o meno rientrati, di un’abolizione della categoria «con il tratto di penna di un emendamento». In oltre 200 anni di storia non era mai accaduto che i rappresentanti dello Stato sul territorio s’incontrassero in un’assemblea così numerosa. La manifestazione era stata organizzata dal sindacato Sinpref, i toni forse erano più quelli di un convegno, ma il messaggio era stato comunque netto e chiaro: «Chiediamo rispetto». E rispetto fu, nessun intervento fu operato dal Governo.
ASSOCIAZIONI – Adesso il clamoroso bis: le Associazioni di categoria, Sinpref e AP, hanno detto no all’incontro organizzato dal ministro Alfano al Viminale, per discutere di immigrazione, sicurezza e riforme, intendendo protestare in tal modo contro la politica governativa che scarica tutte le rogne e le responsabilità sui prefetti e per di più li penalizza in termini economici e di carriera. I temi controversi, per quest’ultimo aspetto, sono la creazione del ruolo unico della dirigenza, la riorganizzazione (leggi riduzione) della rete periferica, i tagli di prefetture e prefetti.
RUOLO UNICO: Sostengono le Associazioni che l’ipotesi del passaggio al ruolo unico significa azzerare la carriera prefettizia. Già all’inizio degli anni Novanta la politica aveva tentato in pratica la soppressione della carriera, ma anche in quel caso il “fronte unico” tra l’Amministrazione, il Sindacato e l’A.N.F.A.C.I. avevano assicurato il riconoscimento della specificità della Carriera Prefettizia. Del resto ai prefetti si è fatto sempre ricorso per risolvere le situazioni più complicate in tema di sicurezza, immigrazione, disagio sociale. Ma anche per affidare loro compiti particolari, coma la preparazione all’ormai dimenticato ‘millennium bug’, che sembrava una catastrofe planetaria o all’entrata nell’euro. In entrambi i casi i prefetti hanno assicurato una transizione ordinata e regolare per far fronte a questi eventi.
SINPREF – Oggi, dicono le Associazioni, «la politica è cambiata e non ci sono più i tradizionali riferimenti di una volta, la compattezza con l’Amministrazione non è così netta. Il rischio che corriamo è di finire in un calderone non meglio identificato e partecipare a “lotte” (pubblici avvisi) per avere un incarico qualsiasi (l’importante è averlo per non essere posti in disponibilità, ovvero parcheggiati prima del licenziamento)».
DIPLOMATICI – Anche il Sindacato dei Diplomatici, pur rassicurato dal ministro di riferimento, rispetto a qualche tempo fa comincia a nutrire dubbi sulla non inclusione nel quadro del ruolo unico. Si teme che nella precarizzazione della dirigenza, ambasciatori di stampo statunitense potrebbero non dispiacere al Premier.
TAGLI – Il ministero della funzione Pubblica, nel quadro della riduzione degli organici, ha dato l’ok ai tagli proposti dal Ministero: 29 posti da prefetto, 12 da viceprefetto e 280 da viceprefetto aggiunto. A questo punto un D.P.R. tradurrà i numeri in nomi di prefetture da accorpare. Questo tema s’interseca con il disegno di legge delega della pubblica amministrazione nella parte in cui prevede un’ulteriore razionalizzazione – ovvero una riduzione sembra a 70 sedi – della rete delle prefetture.
PREFETTO – Dunque il quadro non è certo entusiasmante per il futuro dell’istituto. Il ruolo unico e l’accorpamento degli uffici in periferia potrebbero preludere alla scomparsa della qualifica e all’inserimento nel calderone della dirigenza. Ricordiamo che la funzione del prefetto è stata finora essenziale non soltanto per la gestione della sicurezza, della protezione civile, ma anche per assicurare la coesione sociale e la legalità dell’azione amministrativa, compreso il settore degli enti locali. Un tempo il prefetto fu definito come il portiere della squadra della pubblica amministrazione, perché controllava il gioco della compagine e interveniva (con uscite a valanga) quando la situazione era particolarmente delicata e compromessa. Da prefetto ormai in pensione che per quarant’anni ha avuto esperienza dell’evoluzione (o meglio dell’involuzione) dell’amministrazione italiana ritengo però che sarà sempre necessaria la presenza di un organismo che rappresenti lo Stato sul territorio e tuteli, con la sua attività, i principi fondamentali dell’ordinamento. Anche se Renzi ha dimostrato, fin dall’inizio, una spiccata avversione e sfiducia nella dirigenza pubblica, statale e locale.