Immigrazione: il piano Ue mostra le prime crepe. Molti Paesi si defilano, Francia in testa. E l’Italia non può farcela da sola
ROMA – Il Consiglio congiunto dei ministri degli esteri e della Difesa dell’Ue ha raggiunto un’intesa politica sulla missione anti-scafisti da inviare nel Mediterraneo. Si chiamerà Eunavfor Med, il quartier generale sarà a Roma e sarà comandata da un italiano, l’ammiraglio Enrico Credendino. Il testo approvato stabilisce di procedere subito con il coordinamento delle attività di intelligence dei paesi coinvolti, che saranno almeno una decina, a partire da Italia, Francia, Regno Unito e Germania. L’azione sarà rafforzata una volta ottenuto il via libera dell’Onu e/o con il consenso dell’eventuale governo di unità nazionale in Libia. Questi due passaggi, soprattutto il secondo, sembrano però difficili da superare. Ogni passaggio successivo avrà bisogno di una riunione del Consiglio, dunque del conclave dei governi.
Operazioni militari in Libia. L’alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, ha escluso invece operazioni militari in territorio libico. Per ottenere il mandato Onu, Mogherini è stata due volte a New York negli ultimi dieci giorni: per essere pienamente operativa, è necessario che il Consiglio di Sicurezza approvi una risoluzione in base al capitolo 7, che fa riferimento all’uso della forza.
I costi. Secondo il sito Bruxelles2 specializzato nelle questioni di sicurezza e difesa Ue, i costi comuni dell’operazione (finanziati da tutti i paesi membri, salvo la Danimarca che ha un opt-out) ammonterebbero a circa 14 milioni di euro, la stessa cifra dell’operazione Atalanta, a cui Eunavfor Med largamente si ispira.
Le quote. Ma il problema principale resta l’accettazione del principio delle quote di ripartizione dei migranri, per i quali molti Paesi stanno facendo marcia indietro. Dopo le dichiarazioni del primo ministro Valls, che sostanzialmente ha preannnunciato un disimpegno della Francia, è giunta la presa di posizione del governo ungherese di Viktor Orban: “La posizione del mio governo è chiara: siamo contrari alle quote obbligatorie. E credo lo siano anche altri Paesi, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, i Paesi Baltici, la Polonia e il Regno Unito. E, se non sbaglio, ora si è aggiunta anche la Francia”. L’Ungheria auspica che siano trovate “soluzioni direttamente nei Paesi che sono all’origine dell’immigrazione”. Intanto però, secondo quanto riporta il Guardian, il governo conservatore britannico di David Cameron è pronto a offrire droni, attrezzature-spia e militari per un coordinamento incaricato di fronteggiare i trafficanti, ma non ad accettare le quote di rifugiati decise in sede Ue.
Redistribuzione. E anche questo primo timido passo dell’Ue verso una redistribuzione più equa di profughi presenta difficoltà sempre più rilevanti, tanto che se ne prefigura una molto parziale attuazione. Il che vuol dire che l’Italia, nonostante le promesse e i sorrisi sussiegosi di Renzi, verrà lasciata quasi sola ad affrontare le migrazioni epocali che ci attendono nei prossimi mesi ed anni. Così dovremmo pensare anche noi di attuare una politica di respingimenti, come fa la Spagna. Non può esser solo l’Italia, nonostante i buonismi del Vaticano e di una sinistra caritatevole, anche se di solito con i soldi altrui, a farsi carico di quest’imponente fenomeno. No, l’Italia che prende i soldi ai pensionati e asfissia con le tasse tutti i cittadini, non è in grado di sopportare un carico di queste dimensioni. E attenzione, questo non è un discorso di stampo leghista, ma solo una considerazione, peraltro semplice, dettata da ragionevolezza e buon senso.