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Istat, rapporto 2015: bene crescita, famiglie e consumi. Male disoccupazione e mezzogiorno

Giorgio Alleva
Giorgio Alleva

FIRENZE – Il nuovo presidente dell’Istat Giorgio Alleva, nella sua prima uscita ufficiale per la presentazione del rapporto annuale dell’Istituto, ci tiene a sottolineare tutti i fattori positivi dell’azione di governo, ma non può sottacere i fattori negativi che riguardano, ancora una volta, disoccupazione (soprattutto giovanile) e Mezzogiorno.

RAPPORTO 2015 – Il Rapporto Istat 2015 mostra un Paese che già dagli ultimi mesi dell’anno scorso ha cominciato a uscire faticosamente dalla crisi, anche se con segnali ancora deboli e preoccupazione rinnovata per l’occupazione. Gli occupati infatti nel 2014 erano cresciuti dello 0,4 per cento, 88.000 in più, ma i livelli precrisi sono ancora molto lontani, e la disoccupazione di lunga durata ha un’incidenza del 60 per cento sul totale dei senza lavoro, con tempi di ricerca che arrivano a due anni. Inoltre la crescita si concentra nel Centro e nel Nord, mentre il Mezzogiorno sprofonda, con una perdita di mezzo milione di occupati dall’inizio della crisi. Tanto che Alleva sottolinea: “Il Mezzogiorno è da molti anni assente dalle priorità di policy. La dimensione del problema è tale che, se non si recupera il Mezzogiorno alla dimensioni di crescita e di sviluppo su cui si sta avviando il resto del Paese, sviluppo e crescita non potranno che essere penalizzati rispetto agli altri Paesi”.

LUCI E OMBRE – E snocciola poi dati positivi per quanto riguarda le famiglie (il potere d’acquisto si è stabilizzato e i consumi crescono dello 0,3%), per le imprese che hanno aumentato il fatturato interno (0,8%). Ma quando si passa a parlare di disoccupazione, in particolare quella giovanile, tutti i nodi vengono al pettine.

DISOCCUPAZIONE – Continua a crescere la disoccupazione di lunga durata, la cui incidenza sul totale supera il 60 per cento. Sono i giovani a pagare il prezzo più salato di sei anni di crisi. Tra il 2008 e il 2014 sono spariti quasi 2 milioni di lavoratori under 35 (-27,7 per cento) a fronte di un calo della popolazione nella stessa fascia di età di 947mila (-6,8 per cento). In sei anni il tasso di occupazione degli under 35 è sceso di 11,3 punti percentuali al 39,1 per cento l’anno scorso anche se la contrazione dell’indicatore si è decisamente attenuata (-0,8 punti percentuali) nel 2014 fino ad invertire la tendenza nel quarto trimestre (+0,3 punti).

SUD – Il capitolo più negativo dell’analisi Istat è dedicato al Sud, che resta sempre più indietro. I ricercatori dell’Istituto affermano che nel Mezzogiorno il reddito è più basso del 18 per cento rispetto alla media nazionale, nelle aree interne più povere la differenza sale al 30 per cento. Il che si riflette naturalmente nei consumi: le famiglie residenti al Sud spendono poco più del 70 per cento della media nel resto del Paese. Tanto che oltre un quarto della spesa nel Mezzogiorno è per i beni alimentari, di prima necessità; si arriva a quote del 28 per cento contro quote che nel Centro-Nord si fermano al 13 per cento per i livelli più alti. Infine la quota delle persone in cattive condizioni di salute è del 20 per cento al Sud e del 17,7 per cento nel Centro-Nord.

Renzi dovrebbe leggere attentamente le analisi Istat per trarre spunto nell’indirizzo della future politiche, con particolare attenzione a quanto si afferma in merito alle difficoltà dei giovani e del Mezzogiorno, eterno problema mai risolto dai tanti governi che si sono succeduti nel tempo, nonostante i fondi stratosferici stanziati finora.

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