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24 maggio 1915-24 maggio 2015: cent’anni fa cominciava per l’Italia la prima Guerra mondiale

1 guerra mondialeNella notte fra il 23 e il 24 maggio del 1915, sul confine con l’Austria-Ungheria, un finanziere italiano sparò il primo colpo con un fucile 91. Fu così, esattamente un secolo fa, che per l’Italia, dopo un anno di neutralità, cominciò la prima Guerra mondiale. Passata alla storia come la Grande Guerra. Che si concluse più di tre anni dopo, il 4 novembre del 1918. Con la notizia data da quello che, non senza enfasi, venne denominato “Bollettino della vittoria”, firmato dal generale Armando Diaz. Che lo dettò d’impeto, dimenticando di far precedere il nome dal cognome. Così venne fuori quel fatidico Firmato Diaz che fece colpo nell’Italia dell’epoca. Non a caso, non pochi bambini venuti al mondo nel 1918 vennero chiamati così: Firmato. L’Italia era in festa, anche se la vittoria era costata quasi 700 mila morti.

Mia madre nacque nel 1900, in una famiglia di origine contadina. Io nacqui nel 1927. In una occasione scolastica di celebrazioni del 24 maggio mia madre mi parlò d’un suo fratello che era stato arruolato nella fase finale della guerra. Alpino (di Dicomano) partì e non tornò più, né vivo né morto. Dissolto.

Mio suocero fu comunista, operaio vetrario di Empoli. Di leva, partecipò alla guerra e raccontava un episodio, di cui mia moglie mi ha dato or ora rinnovato ricordo. Una tradotta militare giunse a destinazione e fu ordinato agli italiani di scendere. Un ufficiale si accorse di alcuni di loro rimasti e li richiamò. Risposero: “noi non siamo italiani, siamo di B. [una città italiana]”. Vero? Penso di sì, anche perché mio suocero non aveva motivo di inventarselo.

Ho un rispetto, direi sacro, del Milite Ignoto. Quando, pochi anni fa, parlai con gli alunni e le alunne d’una quinta elementare, ricordai l’alpino di Dicomano e constatai che molti di loro sapevano del Milite Ignoto. Sono personalmente alieno alle armi, ma prendo atto che la guerra è un elemento centrale della storia umana perché la vita è conflitto. Credo che la politica sia il governo dei conflitti, ivi compresa la guerra. Anche Gesù fu crocifisso a causa d’un conflitto.

Nella storia dei processi di unificazione nazionale e di unità nazionale (cose spiritualmente diverse) la Grande Guerra occupa un posto centrale. Giovanni Gronchi, democratico cristiano, fu eletto Presidente della Repubblica italiana nel 1955. Seguì a Luigi Einaudi. Gronchi nacque nel novembre 1887. Quale orfano di padre rifiutò l’esonero e partì volontario per la guerra. Ufficiale, meritò sul campo una medaglia d’argento, due di bronzo e due croci al merito. Aveva scritto a uno dei grandi leader cattolici nazionali, Filippo Meda, di accettare “con angoscia di cristiano ma con sicura coscienza la prova bestiale della guerra”.

Filippo Meda fu neutralista allo scoppio della guerra, prossimo alle posizioni di Giolitti. Se ne discostò dopo l’invasione tedesca del Belgio. E fu Ministro delle Finanze nel governo di unità nazionale di Paolo Boselli, nel 1916, precisando che rappresentava se stesso perché “mancava in Italia un partito cattolico e nemmeno esisteva un gruppo parlamentare cattolico propriamente detto”.

Penso che nella Grande Guerra i cattolici chiusero la breccia di Porta Pia. Dopo la nota di Benedetto XV sull’ “inutile strage” (1 agosto 1917) Meda visse un periodo difficile e pensava di dimettersi. Ma le notizie che venivano dal fronte orientale lo dissuasero. Nel marzo era scoppiata la rivoluzione in Russia e lo Zar aveva abdicato. Il 24 ottobre fu rotto a Caporetto il fronte italiano. Scrisse “Il Corriere d’Italia”, del 31 ottobre 1917, che Meda volle evitare che venisse “gettata un’ombra sulla parte cattolica, se non un sospetto, di minore sensibilità in presenza dell’invasione nemica”.

Ricordo il giudizio di Piero Melograni che la guerra cambiò l’Italia più rapidamente e profondamente di quanto la classe politica fosse riuscita a trasformare se stessa. Secondo Melograni il partito cattolico non possedeva allora energia e autorità sufficienti per imporsi sugli altri contendenti.

Nel 1945 i cattolici, dopo che la guerra aveva interessato l’Italia dalla Sicilia alle Alpi, scrissero un’altra storia.


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Ivo Butini

Presidente Istituto di studi politici «Renato Branzi»
già Senatore della Repubblica

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