Maggio Musicale Fiorentino: debutta fra gli applausi il «Giro di vite» di Britten
FIRENZE – «Il giro di vite» («The Turn of the Screw») di Benjamin Britten ha debuttato ieri sera 22 maggio con gran successo in un gremitissimo Teatro Goldonia Firenze per il 78° Maggio Musicale Fiorentino.
Molte chiamate in scena e applausi per tutto il cast, specialmente per la voce bianca che interpreta Miles (Theo Lally, 10 anni, padrone della parte e del palco) e per l’Istitutrice (Sara Hershkowitz), ma anche per il direttore Jonathan Webb, che una volta di più si è dimostrato ottimo specialista di Britten, e per gli strumentisti dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino.
Va infatti tenuto presente che la partitura è scritta per un organico estremamente ridotto: 13 elementi in tutto, praticamente un ensemble di solisti, che però deve dare l’impressione di un’orchestra ben più articolata e nutrita. Ci sono riusciti perfettamente Andrea Severi (al pianoforte, centrale nell’opera, e alla celesta, che contrappunta soavemente le scene in cui il fantasma di Quint apostrofa il bambino con gorgheggi all’antica, in stile monteverdiano e a tratti addirittura trobadorico, occhieggiando a repertori cui ogni tanto Peter Pears, il tenore per cui la parte fu scritta, si dedicava volentieri), Yehezkel Yerushalmi (primo violino), Alessandro Alinari (secondo violino), Jörg Winkler (viola), Patrizio Serini (violoncello), Riccardo Donati (contrabbasso), Annalisa De Santis (arpa), Gregorio Tuninetti (Flauti e ottavino), Alberto Negroni (oboe e corno inglese), Riccardo Crocilla (clarinetti), Gianluca Saccomani (Fagotto), Luca Benucci (corno), Fausto Cesare Bombardieri (timpani).
Nella loro esecuzione si sono potute ammirare tutte le sfaccettature di questo gioiellino della musica del Novecento, tanto limpido e simmetrico nella scrittura musicale quanto conturbante per le impressioni che lascia. L’opera seleziona sedici momenti del già di per sé inquietante romanzo breve omonimo di Henry James (tutto fuorché una semplice storiella di fantasmi, e anzi sbilanciato piuttosto in direzione psicanalitica), che distribuisce in otto scene dalla durata pressoché omogenea, per ciascuno dei due atti. Ogni scena è preceduta da una variazione strumentale sul motivo della «vite» esposto nel prologo, con un tipo di scrittura che rinvia alla scrittura da concerto (fugato, sonata, passacaglia ecc.). Nei quadri da un atto all’altro si rilevano corrispondenze tanto a livello narrativo quanto a livello musicale, con una disposizione speculare evocativa del «doppio». Al racconto di James la librettista di Britten ha aggiunto, attingendo soprattutto a Yeats, le battute pronunciate dagli spettri ed elaborato i testi delle canzoni finto-innocenti (specie «Malo, malo…», altro tema musicale ricorrente) dei bambini.
Gli spettri sono molto ben interpretati da Yana Kleyn (Miss Jessel) e John Daszak (Quint, oltre che, come d’uso, The Prologue). Forse un po’ troppo cresciuta la bimba Flora (Rebecca Leggett, diciottenne), comunque brava; unica italiana in tutto il gruppo, ma senza problemi ad amalgamarsi, il mezzosoprano Gabriella Sborgi (Mrs. Grose). Uno spettacolo musicalmente eccellente, degno del Maggio.
Suggestiva la scenografia di Maria Paola Di Francesco, che evoca illustrazioni d’età vittoriana tipo quelle di Aubrey Beardsley, e molto belli i costumi di Marco Piemontese, fra cui spicca per humour quello da dark lady di Miss Jessel; anche il bimbo Miles tira verso l’horror, fra la famiglia Addams e il look di David Hemmings (il dotatissimo ragazzino cantore e pianista, poi attore di successo, per cui Britten scrisse la parte) una dozzina d’anni dopo la stesura di «The Turn of the Screw» (1954), quando fu protagonista di «Blow up» di Antonioni.
Bella anche l’idea dello schermo centrale da cui escono proiezioni in 3D (elaborate da Marco Farace) che si protendono verso il pubblico, dal treno che porta la giovane istitutrice a Bly, alla faccia beffarda calva come lo sono entrambi i fantasmi, agli intrecci di membra che evocano gli intrecci di relazioni poco lecite fra i bambini, il cameriere Quint e la precedente istitutrice, al cigno cui Quint accenna all’inizio del secondo atto («You heard the terrible sound of the wild swan’s wings», risponde Quint a Miss Jessel che gli chiede perché l’abbia strappata ai suoi sogni di maestrina) e che diventa una sorta di leit motiv dall’inizio alla fine, quando un cigno di carta sostituisce fra le braccia dell’istitutrice il bambino Miles, che dovrebbe morirvi e invece va via coi fantasmi (nonostante la battuta finale di Quint: «Ah, Miles! We have failed! / Now I must go. / Farewell!»). Forse l’eccessiva insistenza su certe invenzioni, lo scivolare a tratti, specie nel secondo atto, nel didascalico (esplicitando in immagini, fra l’altro, episodi passati che tanto nel racconto di James quanto nell’opera di Britten si fanno solo sospettare) e la non felicissima variazione sull’ambiguo finale ha fatto sì che per il regista Benedetto Sicca ci sia stato, fra gli applausi, pure qualche fischio. Nel complesso, comunque, lo spettacolo è gradevole da vedere e, così ben eseguito sotto il rispetto musicale, risulta avvincente.
Teatro Goldoni (via Santa Maria 15, Firenze)
«The Turn of the Screw». Opera lirica in un prologo e due atti. Libretto di Myfanwy Piper ispirato all’omonimo racconto di Henry James. Musica di Benjamin Britten
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta da Jonathan Webb
Regia Benedetto Sicca, Scene Maria Paola Di Francesco, Costumi Marco Piemontese, Luci Marco Giusti, Elaborazione video Marco Farace
Governess: Sara Hershkowitz / Anna Gillingham
Prologue/Quint: John Daszak
Mrs. Grose: Gabriella Sborgi
Miss Jessel: Yana Kleyn
Flora: Rebecca Leggett
Miles: Gabriel Crozier / Theo Lally
Biglietti ancora disponibili per le repliche del 24, 28 e 30 maggio e del 5 e 7 giugno; info sul sito dell’Opera di Firenze