TFR in busta paga: un flop epocale (anche per Renzi che lo aveva proposto) visto che lo ha chiesto solo lo 0,1% dei lavoratori
ROMA – Era stato chiaro fin dall’inizio, nonostante il gran battage pubblicitario di Renzi: l’operazione Tfr in busta paga finora è un vero e proprio flop con meno dello 0,1% dei lavoratori che ha fatto richiesta per l’anticipo.
CONSULENTI – La valutazione proviene dalla Fondazione consulenti del lavoro: su circa un milione di retribuzioni esaminate solo 567 dipendenti hanno chiesto all’azienda l’anticipo. I lavoratori dipendenti a partire dal 3 aprile hanno avuto la possibilità di chiedere la liquidazione del proprio Tfr «maturando» in busta paga fino a giugno 2018.
PRELIEVO – Si sapeva già, del resto, qual’era il problema: il prelievo fiscale sull’anticipo è a tassazione ordinaria e quindi è conveniente solo per le fasce più basse di reddito. Nel complesso Il Tfr dei lavoratori dipendenti vale circa 20 miliardi l’anno per i lavoratori interessati alla misura. Nella relazione tecnica della legge stabilità il governo aveva ipotizzato che a regime, la norma potesse interessare circa il 40-50% dei lavoratori destinatari dell’operazione. Una previsione del tutto sballata che aveva indotto il premier a presentare l’operazione Tfr come una seconda manovra (simile agli 80 euro) per rilanciare i consumi. Con esiti, lo vediamo già oggi, pessimi.
STIPENDI – Proprio in questi giorni – spiegano i consulenti – «sono partite le elaborazioni degli stipendi di maggio 2015 da parte dei Consulenti del Lavoro su 7 milioni di dipendenti e oltre 1 milione di aziende. In questa prima fase sono stati analizzati i dati delle grandi aziende (che mediamente occupano più di 500 dipendenti) e nei prossimi giorni l’analisi si sposterà sulle micro imprese. Dopo questa prima fase di elaborazione di quasi un milione di stipendi il risultato sulla liquidazione in busta paga del Tfr riguarda solo 567 lavoratori, ossia circa lo 0,05%».
DOVE – Sulla base delle elaborazioni dei consulenti i lavoratori richiedenti sono per il 75% residenti nel Centro Nord e il 25% al Sud. Per il 43% lavorano nel terziario e per circa il 27% nell’industria. Il 25% ha rediti fino a 20.000 euro, il 50% fino a 30.000 euro mentre appena il 6,25% lo ha chiesto avendo redditi superiori a 40.000 euro annui. Solo il 10% di coloro che hanno chiesto l’anticipo ha tolto il Tfr da un fondo pensione.
Un campione significativo di coloro che hanno deciso di non chiedere l’anticipo afferma che la decisione è stata dettata prevalentemente dalla penalizzazione fiscale (il 60% ha risposto che ha deciso di non chiederlo perchè la tassazione ordinaria è troppo penalizzante). Il 16% considera sbagliato togliere il Tfr dal fondo pensione mentre il 20% non ha ancora valutato adeguatamente. Quest’insuccesso – affermano i consulenti del lavoro – è l’ennesima dimostrazione che la politica ha spesso la percezione delle esigenze del mondo del lavoro ma non è in stretto contatto con chi parla tutti i giorni con lavoratori e imprese.