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Italia-Germania 4-3: il 17 giugno 1970 la mitica vittoria ai mondiali del Messico. Con la staffetta Mazzola-Rivera voluta da Ferruccio Valcareggi

Rivera, autore del gol del 4-3, abbracciato da Gigi Riva
Rivera, autore del gol del 4-3, abbracciato da Gigi Riva

Nostalgia canaglia, canta Al Bano… Quarantacinque anni fa, 17 giugno 1970, era un’altra Italia: in tutti i sensi. Quella del calcio aveva tenuto sveglio l’intero Paese, davanti ai televisori in bianco e nero, vincendo la mitica semifinale mondiale contro la Germania, il fantastico 4-3, allo stadio Atzeca di Città del Messico. Dove murarono una lapide a imperitura memoria dell’evento straordinario. Ieri sera, come saprete, la nazionale di oggi, guidata da Antonio Conte, ha perso contro il Portogallo restando ferma nel ranking europeo e non piazzandosi fra le teste di serie per prossimo sorteggio per i mondiali di Russia 2018. Con il rischio di finire in un girone eliminatorio con Germania o Spagna. Ma saliamo sulla macchina del tempo, facendo il salto indietro per planare al sole del Messico con gli azzurri allora guidati da Ferruccio Valcareggi, triestino d’origine e fiorentino d’adozione. Una nazionale che aveva vinto il campionato europeo del 1968 eliminando l’allora Unione sovietica per sorteggio (per screditarci avevano favoleggiato di una moneta con la doppia faccia…) e battendo poi l’allora Jugoslavia nella finale bis. Un’altra Italia, certo: il boom economico dava ancora i suoi effetti. E trionfavano la ‘500, Gianni Morandi, Mina, i Beatles… La Federazione italiana gioco calcio era guidata dal più grande dirigente di sempre: Artemio Franchi.

BOSSANOVA – Intorno alla nazionale le polemiche non mancavano mai. La formazione non ho bisogno di rileggerla, ce l’ho stampata in mente. Del resto, venne immortalata quasi subito da Fausto Cigliano che, probabilmente, appena finita la partita (la sera a Città del Messico, notte fonda in Italia) si mise ad armeggiare con la chitarra tirando fuori una bossanova molto carina. Il testo che gli venne in mente non era altro che la formazione dell’Italia, riserve comprese, con l’idea di alternare Rivera e Mazzola in panchina. Con Zoff. Diceva: Albertosi, Burgnich e Facchetti, con Bertini, Rosato e Cera. C’era un gol. Domenghini e Mazzola, Boninsegna e Rivera … in panchina. Ancora: con Zoff. De Sisti (capitano della Fiorentina dello scudeto 1968-69) e Riva. “Riva non innervosirti, Valcareggi, ti sta a guardare… fai un gol”. Eccellente. La incise anche Mina in un album del ’72 che s’intitolava “Altro”.

L targa murata nello stadio Atzeca di Città del Messico a ricordo della partita del secolo
La targa murata nello stadio Atzeca di Città del Messico a ricordo della partita del secolo

CAROSIO – Nel ’90 il regista Andrea Barzini firmò anche un film ispirato alla semifinale. Ma torniamo a bomba. Nel girone eliminatorio di quel mondiale, gli azzurri non avevano brillato. Vittoria striminzita con la Svezia, 1-0, per un tiro di Domenghini passato sotto la pancia al portiere scandinavo. Poi due pareggini con Uruguay e Israele. In realtà contro Israele l’Italia aveva segnato due gol, con Riva e Domenghini, annullati dall’arbitro etiope. Scatenando l’ira di Niccolò Carosio, telecronista Rai, che attaccò il direttore di gara. Finendo accusato di razzismo e allontanato, da quel momento, dal servizio. Fine di un mito: era stato lui a raccontare, alla radio, le vittorie italiane ai mondiali del ’34 e del ’38… Nei quarti di finale il primo botto: 4-1 al Messico padrone di casa. Con Gigi Riva sugli scudi: aveva appena guidato il suo Cagliari allo scudetto ma al mondiale, fino a quel momento, era rimasto a motore freddo. Semifinale contro la Germania. Tante letture, tante interpretazioni: perfino i ricordi della guerra, finita da 25 anni. Ma la polemica che più di ogni altra minava la tranquillità dei ragazzi del CT Ferruccio Valcareggi, e che esploderà dopo la finale, era però quella della famosa “staffetta” tra l’interista Sandro Mazzola e il milanista Gianni Rivera, Pallone d’oro 1969. Dopo la vittoria sulla Germania, nella finale contro il Brasile, infatti, Rivera non venne inserito al posto di Mazzola alla fine del primo tempo, come doveva essere, ma solo negli ultimi 8 minuti. Avremmo perso ugualmente dai brasiliani di Pelè, però la stampa milanese crocifisse il povero ‘Uccio.

MITO – Ma andiamo avanti con Italia-Germania. E permettete un ricordo personale: quel giorno, il 17 giugno 1970, finivo 20 anni. Collaboravo già da tempo a “La Nazione”, ma, insieme a mio fratello Massimo, in quel periodo sempre appiccicato, avevamo appuntamento con gli amici, per la partita, alla Casa del Popolo delle “Due Strade”. Una notte da urlo! La Germania, non ancora riunita (si chiamava Germania Ovest) si presentava all’Azteca fiduciosa e favorita: stravinto il girone eliminatorio, era riuscita nei quarti in un’impresa ottima, ribaltando nei tempi supplementari contro i campioni in carica dell’Inghilterra lo 0-2 con cui i britannici conducevano fino a venti minuti dalla fine (fu anche la prima vittoria in assoluto dei tedeschi sugli inglesi. Valcareggi escluse ancora una volta dalla formazione iniziale Rivera preferendogli Mazzola. Il primo gol fu segnato da Roberto Boninsegna dopo 8 minuti. Poi Italia prudentemente in difesa. E via in contropiede. O in ripartenza, come si direbbe oggi. Con De Sisti gran faticatore a metà campo. Grande Enrico Albertosi, già portiere della Fiorentina passato al Cagliati da un paio di stagioni. Partita comunque fin qui normale. Ma tedeschi disperati: temevano la sconfitta. Poi si sarebbe infortunato il loro miglior uomo: Franz Beckenbauer, detto kaiser Franz. Che tornò stoicamente in campo con il braccio al collo. Il colpaccio arrivò da un tedesco italianizzato: Karl-Heinz Schnellinger, terzino del Milan, al suo primo e unico gol in quarantasette partite con la nazionale. Accadde due minuti e mezzo oltre i tempi regolamentari. La cosa, contrariamente a quanto succede oggi, a quei tempi era più unica che rara. In quasi tutte le partite gli arbitri fischiavano la fine allo scadere del 90º minuto. Questo spiega lo sconcerto del telecronista, Nando Martellini, che al fischio finale dei tempi regolamentari disse al microfono: Questo arbitro Yamasaki! Due minuti e mezzo dopo la fine del tempo regolamentare!

SUPPLEMENTARI – Iniziarono così quei supplementari entrati nella storia: al gol di Gerd Müller, bomber straordinario, rispose un terzinaccio friulano, Tarcisio Burgnich. E l’Italia, un minuto prima della fine del primo tempo supplementare, passò addirittura in vantaggio: grande assolo di Riva in contropiede. Tre a due … Quindi l’infortunio a Beckenbauer . Al quinto minuto del secondo tempo supplementare, la Germania trovò il pareggio. Il colpo di testa di Seeler, su un pallone proveniente da un calcio d’angolo sembrò indirizzare la palla fuori, ma Müller intervenne di testa, trovando uno spiraglio tra Rivera (piazzato sulla linea di porta) e il palo. Albertosi, spiazzato, annaspò. Tre a tre. Ma l’Italia del miracolo economico seppe fare un altro miracolo: dopo appena appena sessanta secondi tornò in vantaggio. Palla rimessa in gioco dal centro campo, undici passaggi, nessun intervento dei tedeschi e conclusione di Rivera, di piatto: 4-3! L’alba trovò tutta l’Italia sveglia, a strombazzare i clacsson per le strade. Era la gioia genuina di un Paese in gran crescita. Eppoi… Eppoi non andò bene. La finale, contro il Brasile di Pelè, fu una disfatta: 1-4. Ma nella storia, e nella nostra memoria, resta la targa dell’Atzeca: con le prodezze di Albertosi e De Sisti e la staffetta Mazzola-Rivera. Ossia il trionfo e il tormento di un grande commissario tecnico: Ferruccio Valcareggi. Sì, 45 anni dopo è ancora musica: nostalgia canaglia!


Sandro Bennucci

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