Danimarca, elezioni: vince la destra di Rasmussen con il boom del partito anti-immigrati (21,1%)
COPENAGHEN – Il blocco conservatore dell’ex premier Lars Lokke Rasmussen ha vinto le elezioni legislative in Danimarca, ottenendo il 51,5% dei voti e la maggioranza necessaria a governare il Paese, soprattutto grazie al risultato sorprendente dei populisti xenofobi e anti-immigrati del Partito del popolo danese che ha conquistato il 21,1% dei voti, diventando di fatto il secondo partito in Parlamento. I socialdemocratici della premier uscente Helle Thorning-Schmidt restano il primo partito del Paese, avendo ottenuto il 26,3% dei voti, ma hanno già ammesso la sconfitta.Il blocco di destra, formato da Venstre, Partito popolare danese Df, Alleanza liberale e conservatori, ha ottenuto 90 seggi, contro gli 85 della sinistra attualmente al governo. Il Df ha conquistato 37 seggi, tre in più di Venstre (19,5%) e ben 15 in più rispetto alle elezioni di quattro anni fa.Soddisfatto a metà, nonostante la vittoria del blocco di destra, il leader dello schieramento conservatore Lars Lokke Rasmussen: “Venstre ha perso sostegno”, ha ricordato, facendo riferimento al 7% in meno rispetto all’ultima tornata elettorale. “Non sono state buone elezioni per noi. Ma la maggioranza pensa che la Danimarca deve cambiare governo”, ha affermato, dicendosi comunque “pieno d’energia”. Helle Thorning-Schmidt, da parte sua, ha annunciato che lascerà la presidenza dei social-democratici. Esulta, invece, il leader del Partito del popolo danese, Kristian Thulesen Dahl. “siamo un partito che questo Paese deve prendere sul serio. E’ stata una festa della democrazia”, ha commentato.
Sta di fatto che nelle ultime elezioni in molti Paesi europei avanzano i partiti di destra e anti-immigrazione, segno che i cittadini chiedono ai loro governanti e a quelli della Ue di porre un freno e una regola all’immigrazione indiscriminata e selvaggia che affligge molti Stati, in primis Italia e Grecia. Le popolazioni del Nord in particolare, e i loro governanti, si oppongono alla redistribuzione dei migranti nei loro territori, perché stimano di averne già abbastanza.