Uomo della Sindone: un enigma che ha attirato un milione e 500 mila persone in 67 giorni
Un milione e mezzo di persone si sono recate a Torino per vedere la Sindone, nell’arco dei 67 giorni dell’ostensione, che si è conclusa formalmente mercoledì 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, patrono del capoluogo piemontese (oltreché di Firenze, Genova e molte altre decine di città e paesi in tutta Italia).
Al culmine delle visite, domenica 21 giugno, Papa Francesco si è fermato in quella che ha definito «una preghiera silenziosa» per alcuni minuti davanti all’Uomo della Sindone, senza parlare, avvicinandosi soltanto per toccare appena, in un gesto di ossequio, la teca contenente il lenzuolo di lino più celebre ed enigmatico del mondo. Il pontefice, in perfetta sintonia col magistero della Chiesa cattolica e dei suoi predecessori, quali Giovanni Paolo II, aveva già definito, 2 anni fa, la Sindone «Iconadi un Uomo flagellato e crocifisso», parlando anch’egli di «Uomo della Sindone», senza mai affermare ufficialmente che quell’uomo fosse il Cristo.
Il bilancio delle visite dei fedeli è stato reso noto martedì 23 giugno, ultimo giorno in cui era possibile avvicinarsi al Telo esposto all’interno del Duomo. Un sudario su cui credenti e atei, agnostici e religiosi, dibattono da almeno 700 anni.
Ha o non ha avvolto la salma di Gesù? Chi è quell’uomo adulto, nudo, di altezza presumibilmente attorno ai 180 centimetri, con barba e capelli lunghi, segni compatibili con ferite derivanti da supplizio per crocifissione tramite inchiodamento? Come si è formata l’immagine appena visibile a occhio nudo, e soltanto da una certa distanza, resa invece straordinariamente manifesta dall’uso della tecnica fotografica per la prima volta nel 1898 con le fotografie dell’avvocato Secondo Pia, dalle quali – così come dalle campagne fotografiche successive fino a oggi – emerse l’immagine intera di un uomo «in negativo» sui positivi fotografici? È un dipinto? La radiodatazione al carbonio 14 del 1988, che datò la Sindone come un lenzuolo manufatto in un’epoca a cavallo fra il 1260 e il 1390 dopo Cristo con una probabilità del 95% è l’asserzione definitiva che si tratta di un falso? Perché oggi, a quasi trent’anni di distanza, quell’esame ha perso credibilità dal punto di vista scientifico ed è stato messo implicitamente in discussione anche da almeno uno dei tre laboratori in cui fu effettuata la radiodatazione?
I quesiti potrebbero continuare. Risposte definitive non esistono. Vi sono alcune certezze date dai fatti: la Sindone, secondo gli studiosi, nel corso dei secoli è stata toccata da migliaia di mani di persone che l’hanno venerata; oggi non può essere toccata, ma, ogni volta che viene esposta, è meta delle visite di centinaia di migliaia di pellegrini.
Secondo uno dei massimi sindonologi da cinquant’anni, «autenticista», il professor Pierluigi Baima Bollone, docente di Medicina Legale all’Università di Torino sulla cattedra che fu di Cesare Lombroso, il Sacro Lino «reperto autentico o contraffatto che sia, è un originale irriproducibile con alcun mezzo o sistema messo a disposizione dalla scienza moderna». Sicché, argomenta il celebre studioso nel suo ultimo libro 2015 La nuova indagine sulla Sindone, «le valutazioni scientifiche attuali sono orientate confermarne la autenticità materiale, così come sostenuto da oltre un secolo di ricerca specializzata». La ricerca scientifica dell’uomo prosegue incessante. I percorsi della fede popolare anche. L’enigma resta senza soluzione. Forse per sempre.