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Economia Toscana: l’Irpet prevede una crescita dell’1,2% nel 2015. Ma la disoccupazione resta alta

Incidente sul lavoro
Il Pil sta crescendo, ma il lavoro non riprende

FIRENZE – Il 2014 ha segnato la crescita zero. Il 2015 dovrebbe registrare, per la Toscana, una crescita del Pil dell’1,2%: ossia superiore al dato nazionale. Il problema più serio? La disoccupazione resta alta. Questa fotografia della situazione economica regionale la si vede nel rapporto annuale dell’Irpet, l’istituto per la programmazione economica, presentato insieme a Unioncamere con il governatore, Enrico Rossi. Secondo il direttore dell’Irpet, Stefano Casini Benvenuti, la Toscana ha già rallentato la caduta verificatasi nel corso del 2014. Vuol dire che ha già superato la fase che il resto del Paese sta vivendo nell’anno in corso ed è in rampa di lancio per la ripresa. La sua previsione, appunto, è per un più 1,2% determinato dalla grande capacità di esportare che la Toscana ha manifestato in questi anni.

GRECIA – Il problema? Casini Benvenuti mette le mani avanti: “Ovviamente, ci sono molte incertezze: la Grecia, la Russia, i Paesi arabi. Ma in tutto questo clima di incertezza c’è una certezza che la Toscana ha mostrato in questi anni, ovvero che durante la crisi la Toscana ha tenuto di più su molti fronti. Il punto critico è la disoccupazione che è più che raddoppiata negli ultimi anni, passando da 80 mila disoccupati del 2008 agli attuali 170 mila. Inoltre, la regione si presenta a due velocità perché ci sono aree forti come quella centrale, dove si è superata la crisi, e aree deboli come la costa che sono più in difficoltà.

ROSSI – Per il presidente della Regione Enrico Rossi, c’è un quadro nazionale che è quello della crisi. Dentro questo quadro c’è una Toscana che si differenzia in positivo e che accentua una tendenza a fuoriuscire dalla crisi. Questo grazie alla capacità di produrre, di esportare e di investire dei nostri imprenditori. La Toscana, ha sottolineato il governatore, si conferma anche una regione più equa e i sacrifici sono stati redistribuiti tenendo conto delle categorie più deboli. C’è un problema di ripresa della domanda interna che si collega alla necessità di aumentare gli investimenti e con essi produrre più occupazione.



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