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Pensioni: da gennaio 2016 diminuiranno per la revisione dei coefficienti sull’aspettativa di vita

Il governo vuole usare i pensionati come bancomat
Inps

ROMA – A partire dal 1° gennaio 2016 gli assegni pensionistici saranno più bassi; la causa è la revisione dei coefficienti per il calcolo delle pensioni con quote contributive. Lo stabilisce la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del ministero del Lavoro dello scorso 22 giugno.

DINI – La riforma Dini (legge 335/1995) infatti ha modificato in parte il sistema di calcolo dei trattamenti pensionistici prevedendo la quota contributiva, ossia quella parte di pensione legata ai contributi versati da parte del datore di lavoro e del lavoratore. Questi contributi, rivalutati annualmente per l’indice Pil, diventano quota di pensione tramite l’applicazione di coefficienti di trasformazione legati all’età posseduta dal lavoratore al momento del pensionamento. Maggiore è l’età, dunque, e più alta sarà la quota di pensione. Per coloro che avevano almeno 18 anni di contributi entro il 1995, la quota contributiva decorre dal 2012 per effetto della riforma Monti-Fornero, mentre per gli altri la quota contributiva decorre dal 1996 in avanti.

DAMIANO – Con la riforma Damiano (legge 247/2007) i coefficienti, già previsti dalla riforma del 1995, hanno subito una diminuzione a causa dell’aumento legato alla speranza di vita. Successivamente, con il decreto legge 78/2010, è stato previsto che a ogni aumento della speranza di vita corrispondesse una revisione dei coefficienti di trasformazione, al fine di garantire l’equilibrio finanziario del sistema. Un pensionato medio, infatti, vivendo di più rispetto al passato, non può “costare” di più rispetto a quanto ha versato, e di conseguenza la rata di pensione diminuisce in proporzione.

AGGIORNAMENTO – Quello di lunedì rappresenta l’ultimo aggiornamento triennale, poiché dalla prossima revisione (2019) gli adeguamenti saranno biennali, secondo quanto ha previsto il decreto Salva Italia (Dl 201/2011). E così un lavoratore medio, con meno di 18 anni di contributi al 1995, che accede quest’anno alla pensione di vecchiaia a 66 anni 3 mesi, a fronte di un montante contributivo di 200mila euro, avrà una rendita maggiore di 18 euro lordi mensili rispetto a chi andrà in pensione con gli stessi requisiti il prossimo anno. Tuttavia, dal 2016, la pensione di vecchiaia si conseguirà con 66 anni 7 mesi e pertanto, fermo restando l’importo del montante contributivo, la pensione scenderà soltanto di 8 euro al mese.

PENSIONANDI – I lavoratori che hanno già maturato un diritto a pensione (o che lo matureranno entro l’anno), e che quindi possono scegliere quando uscire dal mondo del lavoro, hanno tutta la convenienza a farlo entro il prossimo mese di novembre (o entro il 30 dicembre per il settore pubblico) per beneficiare di coefficienti più generosi e per vedersi applicare, dal 1° gennaio 2016, la perequazione in funzione della fascia di importo del trattamento pensionistico. A parità di condizioni, per i lavoratori ex retributivi, l’impatto è notevolmente inferiore, considerato il poco lasso di tempo che intercorre dal 2012.

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