Pensioni: ecco il progetto Damiano-Baretta. In contrasto con Tito Boeri
Prosegue l’animato dibattito politico sul tema delle pensioni. Tra le varie proposte di legge che giacciono in attesa d’esame al Parlamento ce ne sono molte che riguardano la riorganizzazione del settore, con tesi e formule più concrete e sostenibili dei 5 punti esposti dal bocconiano presidente dell’Inps, Tito Boeri. Fra queste una è particolarmente significativa ed è stata presentata da Cesare Damiano, presidente della Commissione lavoro della Camera, e Pierpaolo Baretta, attuale sottosegretario all’Economia.
DAMIANO – BARETTA – La formula è semplice: requisito minimo 35 anni di contributi ed un assegno pari ad almeno 1,5 volte quello sociale. Quindi per ogni anno di anticipo rispetto ai 66 anni di età pensionabile si perde un 2% sino ad arrivare ad un taglio dell’ 8% per chi va in pensione a 62 con 35 anni di contributi. Se si totalizzano più anni di contributi la penalizzazione è più leggera. Chi resta di più al lavoro guadagna invece 2 punti percentuali ogni anno lavorato sino a toccare un bonus dell’8% per chi arriva 70 anni. In alternativa, sia uomini che donne, possono andare in pensione dopo aver maturato 41 anni di anzianità contributiva a prescindere dall’età anagrafica e senza alcuna penalizzazione.
BOERI – Naturalmente contrario a questa tesi è il presidente dell’Inps Tito Boeri: per lui una proposta del genere avrebbe costi enormi, nell’ordine dei 10 miliardi. Cifra che Damiano contesta: «A Boeri rivolgo la stessa accusa che lui rivolge alla Camusso quando sostiene che parlare di un taglio del 35% serve solo ad ammazzare la sua proposta. Allo stesso modo io dico che sparare la cifra di 10 miliardi serve solo per ammazzare la mia».
DAMIANO – A suo parere, infatti, come prima cosa non bisognerebbe prendere a riferimento come al solito alla platea potenziale ma solamente quella reale, che di solito è più ridotta. «Perchè non è che appena viene approvata la legge vanno tutti in pensione a 62 anni». Poi occorre considerare che questa platea di persone che non ha più reddito, perchè ha perso il lavoro e non ha ancora i requisiti della pensione, fino ad oggi è stata sostenuta con la cassa in deroga spendendo miliardi. E quindi diminuirebbe pure il numero dei poveri potenziali che altrimenti andrebbero assistiti. Senza contare poi che «mandando in pensione i padri forse riusciremmo a liberare qualche posto di lavoro per i figli».
ESODATI – Il meccanismo di flessibilità risolverebbe poi per sempre anche il problema degli esodati, mettendo fine al balletto delle salvaguardie (le prime sei ci sono già costate ben 11,6 miliardi di euro). Inoltre è sempre possibile studiare una misura che preveda anche un contributo dei datori di lavoro, oltre che del lavoratore e dello Stato. «La mia – precisa Damiano – è una proposta di base ed il 2% può diventare il 2,5 e l’8% diventa 10 in quattro anni: discutiamone». Quanto alle coperture. che il testo del progetto di legge a dire il vero non indica, il presidente della Commissione lavoro spiega che «prima si individua una soluzione, se poi questa viene condivisa si vede tutto il resto».
RENZI – Il premier Matteo Renzi, rispondendo sull’Unità a un lettore che poneva un interrogativo sul tema delle pensioni, ha ribadito che cercherà di consentire più flessibilità in uscita, ma con un occhio ai conti pubblici. Questa frase ha causato l’immediato commento di Damiano che osserva: siamo pronti a confrontarci sui costi di questa operazione di giustizia sociale. Renzi aggiunge che c’è ancora tempo per affrontare il problema. A noi pare, invece, che se vogliamo affrontare l’argomento nella legge di Stabilità, dobbiamo prepararci da subito”.
La proposta Damiano – Baretta ha comunque il merito, rispetto a quella di Boeri, di essere più praticabile e soprattutto di non presentare dubbi d’incostituzionalità patente.