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Tasse sulla casa: in Italia sono troppe, occorre ridurle

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Proprio nei giorni in cui si accende il dibattito su una delle tante proposte – annuncio di Renzi (abolizione della tassa sulla prima casa, la Tasi), scopriamo che in Italia non siamo tra quelli che sborsano di più per questo che una volta era il bene-rifugio tradizionale, ma ‘paghiamo’ però a caro prezzo la grande confusione e l’incertezza che regna sulle imposte sul mattone. Tasi sul proprietario, Tasi sull’inquilino, Imu, Tari, cedolari varie hanno messo a dura prova la pazienza dei contribuenti e hanno finito per allontanare gli investitori dall’immobiliare.

COMPRAVENDITE – Il risultato si è ripercosso sulle compravendite, che sono crollate in questo periodo di crisi e continuano a calare anche nel primo trimestre 2015 (-3,6% rispetto al 2014). Certo hanno pesato la crisi economica, la stretta delle banche, il pessimismo sul futuro ma la colpa è anche della girandola di tributi introdotti o modificati negli ultimi anni. Anche per questo le famiglie italiane hanno iniziato a comprano più case all’estero, con un balzo di quasi il 10% nei primi sei mesi di quest’anno. Ci sono molti motivi per cui scelgono Spagna o Francia, ma la maggior trasparenza sulle imposte fa la sua parte. Eppure da noi la proprietà delle quattro mura ha sempre avuto grande importanza. Siamo tra quelli che in Europa pensano di più all’acquisto della prima casa, tanto che quasi tre italiani su quattro sono proprietari (72,9%). Negli ultimi anni però i proprietari di case sono diventati il bersaglio preferito delle politiche fiscali.

EUROPA – Ogni Paese ha sue regole e calcoli sul mattone. Da noi il Fisco sulla casa incide per l’1,5% del Pil. Vuol dire più del doppio di quel che paga la rigorosa Germania con la sua Grundsteuer (0,6% di peso sul Pil); tra i tedeschi ci sono pochi proprietari (53,4%) e c’è minor interesse per il possesso dell’immobile. Si spiega con un mercato locativo molto dinamico e prezzi degli affitti calmierati. Ben più alta è invece la tassazione in Paesi come la Gran Bretagna (3,4% del Pil) e la Francia (2,8% del Pil). I francesi (solo il 63% è proprietario) pagano due tasse (la Taxe foncière e la Taxe d’habitation) e in più su di loro grava anche l’imposta patrimoniale su cui concorre anche l’immobile. La Francia però, a inizio crisi, ha approvato la legge “Scellier” che prevede vantaggi fiscali per chi acquistava casa per metterla a reddito. Una misura che ha rilanciato il settore.Gli inglesi (il 67,9% è proprietario) per scelte politiche hanno deciso imposizioni immobiliari elevate anche perché la casa è vista come un bene patrimoniale e quindi il prelievo avviene in misura maggiore che in altri Paesi. Oltre alla Germania, dietro di noi stanno anche Spagna e Grecia. Pagano una quota sul mattone che si ferma all’1% del Pil. Fa mezzo punto in meno rispetto a noi, in una situazione economica che però si avvicina alla nostra, soprattutto nel caso spagnolo.

Questa situazione dà ragione alle intenzioni annunciate dal Governo che vuole abolire qualche imposta, ma soprattutto vuole introdurre una razionalizzazione delle tasse, soprattutto locali. Speriamo che questa volta alle promesse seguano i fatti.

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