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Riforme: a settembre si riparte, ma la strada per il governo sembra accidentata

Boschi e Renzi
Boschi e Renzi

Matteo Renzi alla ripresa delle ostilità politiche dovrà occuparsi degli intricati percorsi legislativi di molti provvedimenti (carta costituzionale, Italicum, unioni civili, ecc.). Può disinteressarsi ormai della situazione greca, avviata a quanto pare a soluzione – anche se il premier Tsipras ha indetto nuove elezioni – come del resto sta facendo soprattutto perché è stato sistematicamente escluso dai vertici che contano. Infatti mai come in questo momento si è riaffermata l’inconsistenza del ruolo italiano nella politica continentale e mondiale (pensiamo all’indecoroso caso dei marò). Per questo il premier sta cercando di riguadagnare posizioni a livello europeo intensificando gli incontri personali con vari leader, soprattutto con Angela Merkel, con la quale ha avuto l’ennesimo rendez-vous a Milano nella sede dell’Expo 2015.

PARLAMENTO – Il Parlamento chiude fino all’8 settembre e allora riprenderà l’esame della riforma costituzionale, in commissione a palazzo Madama. La minoranza dem contesta le proposte del Segretario, vi sono dubbi anche nel partito di Alfano, contrarie le opposizioni, regna l`incertezza sui numeri sia in commissione sia in aula.

DEBACLE – Dopo la débacle delle elezioni di primavera e il netto calo di fiducia accusato nei sondaggi, un ulteriore percorso accidentato della riforma costituzionale, una delle bandiere del duo Renzi – Boschi, porrebbe le premesse per un nuovo calo di popolarità e di prestigio del premier.

MODIFICHE – Del resto le modifiche richieste dalla minoranza dem sulla riforma del senato non sono di poco conto. L’obiezione di scarsa democraticità di un senato non eletto dal popolo – avanzata anche dalle altre opposizioni – può diventare un macigno posto sull’iter della riforma. Ma vi sono fondate obiezioni anche sull’altro provvedimento in itinere, quello elettorale. Viene contestato da più parti il fatto che – approvato l’Italicum così com’è – la maggioranza avrà il controllo pieno dell’unica Camera legislativa e dunque acquisirà un potere enorme.

OBIEZIONI – Non sono obiezioni da sottovalutare, tanto che il premier si è detto disposto a discutere su questi aspetti, ma senza stravolgere i punti fondanti della riforma. La contesa, visto che anche le opposizioni sono sulle barricate, sarà probabilmente accesa e lunga. Anche se il premier può confidare nel ‘soccorso fiorentino’ dei senatori verdiniani, che forse non basterà ad assicurare una maggioranza tranquillizzante.

MAGGIORANZA – Inoltre Renzi teme di essere costretto a varare una riforma approvata a maggioranza risicata contro una parte cospicua del Parlamento e dell’opinione pubblica. Ricordiamo a tal proposito la riforma del titolo V della Costituzione, approvata nel 2001 dalla sinistra con una maggioranza di quattro voti e a fine legislatura, poi dimostratasi un completo fallimento, tanto che l’attuale governo sta correndo ai ripari per sanare i guasti di quel provvedimento frettoloso e inadeguato.

LA PIRA – Qualcuno ha ricordato a Renzi l’esempio del suo illustre predecessore nella carica di sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, che quando si accorse che una sua mozione alla quale teneva molto non avrebbe ottenuto l’unanimità dell’Assemblea Costituente la ritirò.

FORZA ITALIA – Forza Italia sta affilando le armi per la ripresa di settembre. Resta ferma nella posizione che debba essere mutato il criterio di elezione dei senatori e vuole riaprire la discussione sull’Italicum, proponendo il premio alla coalizione e non al partito. Mentre Maroni, per la Lega, dopo che Calderoli ha annunciato una valanga di emendamenti per la riforma del Senato, boccia su tutta la linea il progetto del governo.

COSTITUZIONE – Come si può rilevare le forze politiche si muovono in ordine sparso. Se il Patto del Nazareno, presto naufragato, aveva posto le basi per la strada di riforme condivise, la situazione attuale sembra allontanare di molto questa prospettiva. Le riforme sono una cosa seria, soprattutto se riguardano la nostra Carta fondamentale, la costituzione che non è certo la più bella del mondo come sostengono ormai soltanto il comico Roberto Benigni e Giorgio Napolitano – il quale da senatore a vita continua a intervenire pesantemente nel dibattito come se fosse ancora seduto al Quirinale -, ma merita di essere integrata dopo un approfondito e rigoroso esame delle novità introdotte.

GOVERNABILITA’ – La nostra carta fondamentale va corretta e adeguata ai tempi, in modo da garantire una migliore governabilità del Paese. E per questo non può essere decisa da maggioranze ballerine, risicate e cementate da strane convergenze, dovute più ad interessi di carattere locale che nazionale. Per questo è bene che il premier e la sua bella ministra continuino le trattative, non cercando d’imporre con la forza (ricorrendo sempre alla fiducia) la linea governativa, ma mirando al più ampio consenso, a costo di sacrificare qualche nodo, (solo da loro) ritenuto essenziale, delle due norme fondamentali: la riforma del Senato e l’Italicum.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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