Pensioni, flessibilità: il Governo studia l’ipotesi di un prestito da parte delle aziende
ROMA – Un prestito pensionistico per il lavoratore vicino all’età di vecchiaia a carico delle aziende: questa l’ipotesi per introdurre maggiore flessibilità di uscita verso la pensione con una spesa molto bassa per lo Stato allo studio del Governo, ma il rischio è che sia poco utilizzata per gli alti costi sia per l’impresa sia per il lavoratore che dovrebbe restituire all’azienda una volta andato in pensione e tramite l’Inps il prestito ricevuto.
In pratica – hanno spiegato fonti vicine al dossier – nell’ipotesi che la misura vada nella Legge di Stabilità, azienda e lavoratore dovrebbero trovare un accordo per l’uscita anticipata con costi sia per l’impresa che per il pensionando mentre lo Stato avrebbe solo costi residuali.
L’azienda, a fronte della possibilità di aumentare il turn over, svecchiando il personale, infatti, dovrebbe pagare i contributi per la persona che esce in anticipo rispetto all’età di vecchiaia fino al raggiungimento dei requisiti per l’accesso alla pensione. L’impresa pagherebbe anche una quota della pensione ma questa dovrebbe poi essere restituita dal lavoratore, tramite l’Inps, una volta raggiunti i requisiti e andato in pensione con un meccanismo ancora da affinare.
Ad esempio, una persona che matura una pensione di mille euro al mese che dovesse lasciare il lavoro in anticipo di due anni a fronte dell’accordo su un prestito di 800 euro al mese avrebbe avrebbe un ”debito” con l’azienda di 20.800 euro. Se si ipotizza che la pensione si percepisce per circa 15 anni la decurtazione potrebbe aggirarsi sui 1.400 euro l’anno (poco più di 100 euro al mese sull’assegno ai 1.000). La differenza con il meccanismo previsto dalla legge Fornero sul lavoro per l’uscita anticipata a carico delle aziende (utilizzato in rarissimi casi) è che questa sarebbe meno onerosa per i datori di lavoro.
Per le persone che sono state licenziate tra il 2012 e il 2015 e non rientrano quindi tra gli esodati il Governo pensa a
un meccanismo di accesso anticipato alla pensione a carico dello Stato ma con una decurtazione ugualmente legata all’importo del prestito pensionistico e al tempo per il quale si percepisce. La misura potrebbe affiancarsi alla nuova opzione donna, ovvero alla possibilità per le donne del settore privato (per le quali dal 2016 è previsto un sensibile aumento dell’età di vecchiaia) di uscire dal lavoro tre anni in anticipo a fronte di una decurtazione della pensione legata all’equità attuariale (circa 3,5% ogni anno) e non al ricalcolo interamente contributivo.