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Pensioni: il ministro Poletti apre (incautamente) alle proposte di Boeri

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MILANO – Il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, intervenuto in una conferenza stampa in Regione Lombardia, apre alle proposte di riequilibrio generazionale avanzate da Boeri in tema pensionistico. Apertura incauta, perché il governo, finora, è sempre stato contrario a interventi sulle pensioni perché sa una cosa: che si tratta di diritti acquisiti non toccabili. Tuttavia Poletti, che già si era spericolatamente avventurato sulla cancellazione degli orari dai contratti di lavoro, ha detto: «Parto dal presupposto che il presidente Boeri, quando fa queste dichiarazioni abbia fatto tutte le valutazioni del caso, a partire dai dati a sua disposizione. Quindi presumo che abbia ragione. Non ho alcuna intenzione né di smentire né di confermare».

GIOVANI – Lavorare fino a 75 anni per avere una pensione inferiore a quella di padri e nonni di un quarto: la previsione della simulazione dell’Inps sui 35enni di oggi è giunta, secondo Boeri, a questi risultati. «Noi siamo consapevoli – argomenta Poletti – che questi elementi di cui parla Boeri sono prima di tutto figli di carriere lavorative discontinue e situazioni lavorative non stabili. Per questo come governo stiamo promuovendo una stabilizzazione del lavoro».

ASSEGNO – Secondo le simulazioni Inps, chi è nato nel 1980 nel 2050 riscuoterà mediamente 1.593 euro di pensione contro i 1.703 euro percepiti oggi da chi è nato nel 1945. Ma poiché le prestazioni di oggi sono erogate per un periodo molto più lungo, il vero importo medio comparabile è di 2.106 euro. È un problema sociale, perché aumenteranno i poveri, e un problema economico, perché più scendono le prestazioni, più bassi sono i consumi, più si deprime il Pil.

ANTICIPO – La causa di questo disastro è che in Italia si è permesso a tre pensionati su quattro di andare a riposo prima dei sessant’anni. Boeri aveva messo a punto una ipotesi di ricalcolo della pensione che sostanzialmente avrebbe tolto un pezzetto di pensione a chi (ieri) è uscito con il sistema retributivo a favore di chi (domani) avrà il contributivo. Renzi non ne ha voluto sentir nemmeno parlare. E la ragione è comprensibile: l’88 per cento delle pensioni (12,4 milioni su 14) sono calcolate con il retributivo, e valgono meno di mille euro al mese.

CONTRIBUTO – Nel cassetto resta la soluzione più radicale, avanzata più volte da Boeri: chiedere un contributo agli assegni più alti. Il problema, come dimostrano i numeri, è che per ottenere un contributo rilevante occorrerebbe intendere per «assegni alti» tutti quelli sopra i duemila euro lordi (meno di 1500 netti), una via che il Governo, a meno di ripensamenti – cautamente prefigurati da Poletti – fatica a seguire. Anche perché i pensionati colpiti scatenerebbero una serie di ricorsi davanti alla Corte costituzionale e alla giustizia ordinaria, come accaduto in passato, e il Governo verosimimente sarebbe nuovamente costretto a fare marcia indietro. Meglio seguire la via della fiscalità ordinaria, combattendo l’evasione fiscale e contributiva, che dovrebbe costituire il primo obiettivo dei ministri renziani. E di Boeri.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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