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Sanità: inadeguata la gestione delle Regioni. Si ricorre al privato

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ROMA – Vi è capitato di andare in farmacia per comprare una medicina con la ricetta rossa del medico, quindi dispensata dal servizio sanitario nazionale, e sentirvi rispondere che la pagate meno se la prendete a prezzo pieno? Succede molto spesso. A dimostrazione che l’assistenza gestita dalle Regioni fa flop. Come dimostra il 49° Rapporto sulla situazione sociale del Paese redatto dal Censis. È il rapporto contestato dal premier, Matteo Renzi, per la definizione ‘Italia in letargo’. Ma è una vera miniera d’informazioni, alcune delle quali sorprendenti. Alla richiesta d’indicare le loro priorità per il welfare i cittadini hanno indicato nella riduzione delle liste d’attesa la «prima emergenza sociale». Questo costituisce il problema principale (53,8%), seguito dalla creazione di un sussidio di disoccupazione per tutti (44,8%), dalla costruzione di servizi sociosanitari per persone non autosufficienti (34,7%) e dalla costruzione di alloggi sociali da affittare o comprare a buon mercato (25,3%).

ANALISI – Per questo molti italiani si rivolgono ai servizi privati della sanità. Ne sono un esempio le analisi di laboratorio, per le quali i prezzi nel privato sono sempre più competitivi e prossimi al valore dei ticket pagati per le prestazioni nel pubblico: 7 euro di ticket per un emocromo completo e 10 nel privato, appena tre in più; per una colesterolemia se ne spendono 5 con il ticket e 7 nel privato. Per chi può permetterselo certo, considerando che nel 66,7 per cento delle famiglie a basso reddito, nell’ultimo anno, almeno un membro ha dovuto rinunciare o rimandare le cure. E sono 7,7 milioni le persone che si sono indebitate o hanno chiesto un aiuto economico per pagare le cure sanitarie, ricorrendo persino all’usuraio.

PRESTAZIONI – Stessa situazione anche per le prestazioni sanitarie. Ad esempio, per una colonscopia nel privato si spendono 224 euro e si attendono 8 giorni, nel pubblico con il ticket si spendono 56 euro e si attendono 87 giorni; per una risonanza magnetica nel privato si spendono 142 euro e si attendono 5 giorni, con il ticket si pagano 63 euro e si attendono 74 giorni. Costi e tempi di attesa hanno andamenti inversi nel passaggio dal pubblico al privato, poiché all’aumentare dei costi delle prestazioni nel privato corrisponde una diminuzione dei tempi di attesa e viceversa. Una colonscopia nel privato richiede 169 euro in più rispetto al pubblico e riduce i tempi di attesa di 74 giorni; per una risonanza magnetica nel privato la spesa è di 79 euro in più riducendo l’attesa di 69 giorni.

PUBBLICO – Cresce la spesa sanitaria pagata di tasca, e diminuisce quella pubblica. Ecco i dati di una doppia inversione di tendenza. La spesa sanitaria pubblica, cresciuta dal 2007 al 2010 da 101,9 miliardi di euro a 112,8 milardi, negli ultimi anni ha registrato una inversione di tendenza, con una riduzione tra il 2010 e il 2014, attestandosi nell’ultimo anno a 110,3 miliardi, meno 2,2 per cento. Al contrario è cresciuta la spesa sanitaria privata delle famiglie: dal 2007 al 2014, è passata da 29,6 milardi a 32,7, segnando un più 10,44%, raggiungendo il 22.8% della spesa sanitara totale.

REGIONI – In aumento vertiginoso dunque la delusione per la sanità pubblica. È il 42,7% dei cittadini italiani a pensare che la sanità stia peggiorando, quota che sale al 64% al Sud. Inoltre, il 55,5% considera inadeguato il Servizio sanitario regionale, quota che sale all’82,8% nel Mezzogiorno. Proviamo a togliere il monopolio della sanità pubblica, degli appalti, delle nomine alle Regioni. Centralizziamo nuovamente alcune funzioni, visto che il decentramento in Italia negli ultimi 40 anni ha creato solo disfunzioni e sprechi.

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