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Il 2016 del Pd: anno della verità nella disfida fra minoranza Dem e Renzi

Renzi e Bersani
Renzi e Bersani

ROMA – Le amministrative in primavera. Il referendum sulle riforme in autunno. E’ in queste due stagioni che il Pd si gioca molto del suo presente e futuro. Due appuntamenti chiave ai quali il Pd arriva sull’onda del 40,8% delle Europee ma fiaccato da tensioni interne e dallo sfilacciamento di quella coalizione di centrosinistra che, nel 2011, strutturò la vittoria arancione a Genova, Milano e Cagliari. E, su tutto, aleggia l’ombra di un ulteriore scontro interno sul referendum di ottobre. Una consultazione che – è l’avvertimento di inizio anno della minoranza Pd – Renzi non deve ridurre a un plebiscito su se stesso.

REFERENDUM – Proprio sull’appuntamento di autunno il premier, infatti, si è soffermato nella conferenza stampa di fine anno. “Se perdo vuol dire che ho fallito la mia esperienza politica”, ha scandito Renzi innescando, a stretto giro e nonostante le festività di fine anno, i primi sussulti della minoranza Dem. “Fatico a pensare che gli italiani percepiscano la riforma del Senato come l’appuntamento epocale. È un passo in avanti, per quanto contraddittorio, ma è sbagliato appendere tutto lì”, ha osservato, sul Corsera, Pierluigi Bersani. Qualche ora dopo anche il leader di Sinistradem si è soffermato sul tema, sottolineando via Facebook come sia “un errore serio raccontare, governare il prossimo referendum sulla riforma costituzionale come un giudizio sulla vita del governo o, peggio, un plebiscito
personale sul premier”. Con una postilla, rilevata solo due giorni fa da Miguel Gotor: la “poca simpatia per i governi che
propiziano referendum sul loro operato”.

MINORANZA – C’è, insomma, un certo fastidio nella minoranza Pd sulla ‘presentazione’ scelta dal premier per un referendum sulla Costituzione. Una scelta che contiene, secondo la sinistra Pd, il rischio di politicizzare la Carta, rendendola strumento di divisione. E se a ciò si aggiunge che, proprio sulle riforme, lo scontro interno al Nazareno ha raggiunto le sue vette maggiori, l’atteggiamento che terrà la sinistra Pd in autunno oggi è tutt’altro che scontato.

COMUNALI – Anche perché, da qui a ottobre, occorrerà vedere come il Pd uscirà dalla tappa delle Comunali. E su questo appuntamento che, dalla minoranza, arriva l’invito al premier a concentrarsi. E, complice la fine della moratoria chiesta qualche settimana fa da Renzi, i nodi a gennaio dovranno in qualche modo essere sciolti. A Roma, innanzitutto, dove la fine anticipata del governo Marino è stata tutt’altro che metabolizzata provocando, ad esempio, lo strappo di Sel e la candidatura, finora autonoma, di Stefano Fassina. Tiene, per il momento l’ipotesi Giachetti, ma, in vista delle primarie del 6 marzo, sono ancora diversi i rebus da risolvere nella Capitale. Come ancora nebulosa è la partita a
Napoli, dove la candidatura più forte, al momento, è anche quella meno gradita al Nazareno: Antonio Bassolino.

DIREZIONE – Tutti i nodi che, probabilmente, saranno oggetto di una Direzione ad hoc già in gennaio, in vista, tra l’altro dell’assemblea che dovrebbe tenersi a febbraio. Con un punto fermo: per Renzi, a differenza del referendum, le amministrative non saranno un test per lui. Ma l’incertezza, anche sull’esito finale resta, e il rischio di sconfitta al ballottaggio, se è alto a Roma e Napoli, non è da escludere neppure a Torino, complice la rottura con la sinistra. Il Pd, intanto, saluta il 2015 con una clip in cui ricorda i principali dell’anno appena trascorso, dagli attacchi terroristi in Francia all’Expo, passando per il Jobs Act. E rilancia un messaggio ‘caro’ al premier: “L’Italia riparte”. Ma per i Democrat il 2016 si annuncia ‘in salita’.

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